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Ordine Francescano Secolare Fraternità "Santa Maria Nascente" di Sabbiocello - il Signore ti dia pace

Il 1211 o 1212 vede la nascita della sororità di San Damiano suscitata dallo Spirito Santo attraverso la testimonianza evangelica di Francesco e la decisione audace di Chiara di porsi alla sequela di Cristo povero. Nel cammino dei secoli il richiamarsi a Francesco è il filo rosso che unisce tutti i monasteri caratterizzati da un legame più o meno stretto con le origini assisane e confluiti in un unico ordine[1]. Negli scritti di clarisse – con una conoscenza del santo limitata in genere ai Fioretti o a racconti uditi nella predicazione -, quello che sorprende è la continuità di una spiritualità che ha il suo centro in Gesù Cristo, di cui non si perde mai di vista l’umanità, e sfocia in una mistica trinitaria simile a quella che emerge dagli Scritti del poverello.

La sorpresa cresce per il dato assodato che tali Scritti in gran parte non sono conosciuti nemmeno dai frati minori; ancor più si estende se si tiene presente che nei monasteri dopo il concilio di Trento la guida spirituale del primo ordine si fa sempre più rara, fino a scomparire totalmente con le soppressioni e la rinascita delle province minoritiche sul finire dell’Ottocento e agli inizi del Novecento. Attraverso la vita quotidiana tra le clarisse si trasmette l’essenziale di un cammino spirituale con radici molto profonde, che in ultima analisi trae origine da Francesco. Questo vale specialmente per le sorelle mistiche, i cui scritti sono giunti fino a noi. Le autrici sono donne del loro tempo: il carisma di Francesco è così penetrato in un linguaggio molto diverso dal suo, ma una lettura attenta dei testi ne fa ritrovare la sostanza.
Dopo le soppressioni[2] i monasteri rinascono nella seconda metà dell’Ottocento, quando sono venute meno le maestre di spirito: manca l’afflato mistico, ma resta una simpatia istintiva per Francesco, un’attrazione per la sua persona e la sua vita, in un’epoca che ha dimenticato le caratteristiche delle singole spiritualità, ma propone a tutti gli ordini un unico stile fatto di osservanze, novene, tridui e tante preghiere vocali.

Si giunge infine al risveglio del Vaticano II, anticipato da un nuovo interesse per Francesco con la pubblicazione degli Scritti e di alcune opere importanti[3]; nel 1953, in occasione dei settecento anni dalla morte[4], qualcosa di simile s’affaccia anche per Chiara. In un’epoca di progresso sociale, con una forte carica di speranza alimentata dal sereno ottimismo di papa Giovanni XXIII e dal suo coraggio nell’indire il Concilio, si riscopre il carisma dei fondatori; la Bibbia è riconsegnata a tutti. Diviene evidente la sintonia di Francesco con il Vangelo: nei suoi Scritti si respira il clima del Vaticano II, nel sogno di una chiesa povera come il suo Maestro.

La radicalità evangelica toccata con mano in un giovane che si lascia afferrare da Gesù Cristo, colpisce i giovani. Nell’impulso a lasciare tutto per seguire i passi di Gesù Cristo, una ragazza può sentirsi chiamata non a fare qualcosa di particolare, ma semplicemente a dare se stessa, come accade tra le clarisse. Ricordo molto bene la passione per Gesù Cristo crocifisso della mia giovinezza: amavo la vita, la natura, i viaggi, il sapere, l’amicizia e molto altro ancora. Sentivo però profondamente che mi era chiesto di lasciare tutto questo per una vita povera e spoglia, di cui non sapevo quasi nulla. Avevo solo una certezza, che mi portavo dentro da quando avevo cominciato a sentir parlare di lui: qualunque cosa avessi fatto nella vita ci sarebbe entrato Francesco. Così quando mi sono arresa all’invito, che sentivo dentro tutte le volte che entravo in una chiesa, non ho avuto dubbi sulla scelta dell’ordine: non potevo essere che clarissa. Ho fatto questo accenno personale perché, parlando con le mie sorelle, nella loro storia ho ritrovato qualcosa di simile. Non c’è alla base una grande conoscenza di Francesco, ma un istintivo sentirsi attratti da lui.

Tuttavia la giovane che accosta Francesco non si ferma a lui, è condotta a Gesù Cristo, fissando lo sguardo e il cuore fino a lasciarsi completamente afferrare da lui. E’ solo questo che le può dare il coraggio di abbracciare uno stile di vita completamente in controtendenza rispetto ai attuali. Il cammino può prendere tante direzioni, ma accade che una ragazza si senta orientata verso una scelta come la nostra. Cercherò di esprimere, per quanto possibile, in che modo Francesco entra nella vita delle sorelle povere[5] di oggi.

Nell’approccio alla persona di Francesco e alla sua spiritualità ha una parte importante la sensibilità femminile. La donna che accosta il poverello trova un uomo che ha sviluppato in modo armonico le caratteristiche femminili della propria personalità. Questo è accaduto in lui non solo per una certa finezza interiore – unita a gesti tipicamente maschili -, per un rapporto positivo con la madre, ma anche per un cammino di preghiera dalle connotazioni decisamente mistiche. Troviamo infatti in Francesco un tratto materno nei confronti dei frati, che si unisce a un atteggiamento filiale nei confronti del Padre celeste, a una forte accentuazione della dinamica dell’amore nel suo parlare di Dio. La sua mistica, che si deduce dai suoi Scritti – non solo dalle preghiere -, è infatti oggettiva: egli non parla di sé, non racconta le proprie esperienze mistiche, ma si rivolge al Dio trino con una precisione teologica carica d’affetto.

E’ questo il Francesco che fa breccia nella giovane chiamata a una vita di contemplazione: non arriva subito a scoprirlo, prima deve compiere diversi passaggi iniziando dalle modalità tipiche della sua sequela di Cristo. Colpiscono particolarmente le stimmate di Francesco, che manifestano la sua somiglianza con Gesù e conducono a concentrarsi sulla contemplazione del Crocifisso, avendo presente in modo speciale quello di San Damiano – che «parlò» a Francesco -, e svela il mistero della Pasqua guidando alla vita nuova dei risorti.

Poi prende concretezza l’approccio al Vangelo come luogo che guida nella sequela di Cristo e accostandosi agli Scritti di Francesco ci si trova immersi nella Scrittura. Occorre perciò familiarità con la Bibbia e con i testi san francescani; l’esperienza cresce con l’interiorizzazione della Parola che si attua attraverso la preghiera, la formazione, la lettura e la predicazione. Naturalmente ognuna compie un cammino personale. C’è tuttavia un presupposto comune, che costituisce il tessuto stesso della vita delle sorelle povere: la celebrazione della Liturgia delle Ore. Il quotidiano scandito dalle Ore canoniche fa penetrare i Salmi nell’intimo plasmando la mentalità del povero, di chi si affida interamente al Signore. E’ l’atteggiamento di Gesù, rivelato dal Vangelo, ed è quello di Francesco, uomo forgiato dal salterio: negli Scritti, specialmente le preghiere, si svela l’orante Francesco interamente rivolto al Padre, come Gesù, nel quale si identifica.

Questo è vero in sommo grado per l’Ufficio della Passione, quasi interamente formato da versetti di Salmi, in cui Gesù si rivolge al santissimo Padre mio[6]. La stessa dinamica si ritrova nelle Lodi di Dio altissimo, forse la vetta della contemplazione mistica di Francesco, dove egli si rivolge al Tu divino, non per chiedere qualcosa, ma per proclamarlo nel suo mistero. Si tratta di una serie di affermazioni tra cui c’è un solo vocativo: o Padre santo[7], che rende evidente lo stesso andamento: Francesco, ancora immerso nell’esperienza mistica delle stimmate, scrive questa lode in cui non nomina mai Gesù Cristo. Ma ancora una volta si identifica con lui proprio nell’invocazione tratta dalla cosiddetta preghiera sacerdotale di Gesù (Gv 17), alla quale Francesco si riferisce più volte[8], sempre con lo stesso sviluppo.

Tutto questo conduce a penetrare nell’atteggiamento filiale di Gesù, a crescere nella fiducia in un Padre tenero come una madre, pregato quotidianamente nei Salmi, trasparente negli Scritti di Francesco e di Chiara con un’altissima consonanza, anche se con espressioni diverse. L’esperienza della paternità di Dio ha già cominciato a rivelarsi nell’atto compiuto davanti al vescovo di Assisi, in cui il figlio di Pietro Bernardone rinuncia ai beni e all’appartenenza alla famiglia, dalla quale gli è venuta la vita e molto altro, e infine prorompe nell’esclamazione: d’ora in poi potrò dire liberamente: Padre nostro che sei nei cieli, non padre Pietro di Bernardone[9]. Il suo sentirsi figlio trova così un terreno pronto per diventare la forza e la speranza nel cammino, con quella fiducia nella Provvidenza che ha segnato così fortemente la pianticella di Francesco[10].

L’accostamento a Francesco fa emergere un altro aspetto fondamentale della sua sequela di Cristo:

il lasciarsi condurre dalla santa operazione dello Spirito. La chiesa latina, dopo la separazione dalle chiese d’oriente, ha vissuto una progressiva dimenticanza dell’azione dello Spirito Santo, che è l’artefice primo della vita cristiana e di ogni cammino spirituale. Il Vaticano II, tra l’altro, ha portato alla riscoperta di questa presenza nascosta e vivificante. Anche in questo caso nella lettura degli Scritti di Francesco ci si è ritrovati davanti alla vita nello Spirito vissuta nella semplice aderenza al Vangelo. Questa piena sintonia del santo con la spiritualità del Concilio per le sorelle povere è stata una forte spinta a guardare la vita di contemplazione come un cammino sotto l’impulso dello Spirito.

La sintesi mirabile della Regola bollata, passata inalterata nella forma di vita di Chiara: facciano attenzione che sopra ogni cosa devono desiderare di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione[11], conduce a cercare di penetrare nel senso di questo desiderio. Perciò ci si lascia guidare dall’orazione di Francesco che conclude la Lettera a tutto l’Ordine: Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e con l’aiuto della tua sola grazia giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nell’Unità semplice vivi e regni e sei glorificato, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen[12].

Consideriamo il riferimento allo Spirito Santo in questa preghiera tanto importante per le clarisse, che svela l’itinerario spirituale di Francesco. Da qui si comprende come l’operazione dello Spirito renda possibile la sequela di Gesù Cristo. I tre passaggi tracciati dal santo non indicano necessariamente tre gradini successivi, come avverrà poi nell’opuscolo di Bonaventura[13], ma tre diverse modalità che possono essere contemporanee. Lo Spirito Santo purifica liberando da tutto quello che allontana da Dio: l’attaccamento a se stessi, alle proprie idee anche nel cammino spirituale, alle cose e alle persone, al piacere e infine al peccato; in definitiva espropria interiormente rendendo pian piano capaci di vivere quella che Francesco e Chiara chiamano altissima povertà[14]. Del resto lo Spirito Santo è il padre dei poveri. Egli conduce a vivere le beatitudini evangeliche (Mt 5,3-11), rese accessibili dalla sapienza che lo Spirito insegna nell’intimo guidando alla comprensione del Vangelo, come traspare dalle Ammonizioni di Francesco.

Ancora lo Spirito Santo illumina nella conoscenza di Dio che nel regno dei cieli raggiungerà la sua pienezza, per quanto è possibile alla creatura umana: (Padre nostro) che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, e li illumini alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce[15]. Si tratta senz’altro di una conoscenza che attiene all’intelligenza, ma non solo. Francesco usa il termine in senso biblico, come il Vangelo di Giovanni, per cui la conoscenza di Dio è soprattutto esperienza interiore di lui, esprime qualcosa che tocca direttamente il vissuto della persona e passa da uno stare con Dio, al parlare di lui e ancor più all’agire secondo la sua volontà. L’illuminazione poi guida alla conoscenza di sé, a scoprirsi creature deboli e peccatrici, ma teneramente amate da Dio.

Infine lo Spirito Santo accende al fuoco dell’Amore, immerge nella mistica comunione con Dio. Nel suo commento al Padre nostro, Francesco prosegue così: li infiammi all’amore, perché tu, Signore, sei amore[16]. E ancora nella Regola non bollata, tanto importante per comprendere quella bollata e di conseguenza la forma di vita di Chiara, egli afferma: lo Spirito del Signore sempre desidera sopra ogni cosa il divino timore e la divina sapienza e il divino amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo[17]. Il nostro desiderio dello Spirito infatti ha la sua origine in quello dello Spirito del Risorto, che conduce a mettere Dio al centro della propria vita; a cercare la sapienza, quell’illuminazione che fa conoscere Gesù Cristo per intima esperienza; a lasciare agire il divino amore, che è lo stesso amore di Dio dimorante in noi, come dice Paolo: l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5).

Guardando ora la stessa orazione in modo globale, anche se non completo, notiamo che è rivolta al Dio trino mettendo in luce la sua grandezza indicibile e la nostra debolezza di creature peccatrici. Contiene poi l’unica domanda che Francesco rivolge nella sua preghiera: di fare, per tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace. E’ l’anelito profondo di Gesù, il cui cibo è fare la volontà di colui che l’ha mandato (Gv 4,34), che afferma: faccio sempre le cose che gli sono gradite (Gv 8,29). In Francesco diviene la tensione dominante nel suo cammino guidato dallo Spirito a seguire le orme del Figlio, che conducono a condividere la sua Passione fino al dono totale di sé. Allora, per sola grazia, nella gratuità più totale si è introdotti nella comunione trinitaria. Si diviene così consapevoli di essere dimora di Dio nello Spirito: riposerà in essi lo Spirito del Signore, ed egli porrà in loro la sua abitazione e dimora[18].

Questa esperienza, che emerge più volte negli Scritti di Francesco, diviene elemento centrale del cammino di contemplazione di Chiara e delle sorelle: la sola anima fedele è sua dimora (cf. Gv 14,23) e sede, e ciò soltanto grazie alla carità di cui gli empi sono privi, come afferma la Verità stessa: «Chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò, e verremo a lui e faremo dimora presso di lui» (Gv 14,21.23)[19]. Gli scritti lasciati dalle clarisse testimoniano di un ininterrotto cammino mistico centrato sulla dinamica trinitaria che abbiamo sottolineato, in cui l’esperienza si compie in questo dimorare. Il linguaggio di Francesco è più vicino al nostro di quello delle sante vissute nei secoli successivi al suo e conduce a scoprire nel Vangelo la fonte profonda di questa esperienza, in un cammino saldamente ancorato alla Parola che si ritrova nella mistica evangelica del santo.

Anche la lode e il rendimento di grazie, che hanno tanta parte nel dialogo di Francesco con il suo Dio, sono elementi essenziali nel cammino delle clarisse, capaci di trasformare l’intera giornata in un prolungamento della celebrazione eucaristica, come si evidenzia nella Regola non bollata: Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, per te stesso ti rendiamo grazie, poiché per la tua santa volontà e per l’unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza (Gn 1,26) hai posto in Paradiso (Gn 2,15). E noi per colpa nostra siamo caduti. E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il santo tuo amore, con il quale ci hai amato (Gv 17,26), hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e per la croce, il sangue e la morte di lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù[20].

Francesco rende grazie a Dio per se stesso, perché è il Padre stupendo di cui fa esperienza; poi per la meraviglia di essere creati a sua immagine e continuamente perdonati fino al dono incommensurabile del suo farsi carne in Gesù, per noi disceso, per indicibile amore morto sulla croce rendendoci creature nuove con lui risorto. E’ la dinamica della vita di Chiara che traspare dai suoi Scritti, è lo stupore che colma il cuore di una sorella povera, immersa in una bellezza che trasfigura l’umile quotidiano e la porta a cantare con Francesco il suo laudato sie[21], spalancandosi sul mondo attraverso il piccolo frammento che le è dato di contemplare dal suo chiostro. La lode per le creature si affina infatti al contatto con la particella di terra del giardino e dell’orto, con lo sguardo al lembo di cielo visibile tra le mura del monastero, attingendo sempre più al mistero della vita.

Conseguenza della lode dei figli è poi l’atteggiamento fraterno verso ogni creatura umana, che nelle sorelle povere caratterizza totalmente il loro vivere insieme proprio come sorelle, in un quotidiano che, non solo nella preghiera ma anche nel semplice donarsi fatto dei gesti ordinari del cammino, accoglie in sé il desiderio profondo che l’Amore sia amato, perché tutti, liberati dalle angosce di un mondo travagliato da guerre, violenze, ingiustizie, oppressione dei poveri…, conoscano la gioia di servire il Signore, che è tutto il Bene[22], amandosi come fratelli e sorelle.

[1] Per conoscere il cammino dei monasteri, sorti a partire dal 1210 in Italia e in varie parti d’Europa e in qualche modo legati ai frati minori, riuniti nel 1263 nell’Ordine di Santa Chiara, con la bolla Beata Clara di Urbano IV, vedi Federazione Chiara di Assisi, Chiara di Assisi. Una vita prende forma. Iter storico, Messaggero, Padova 2005. Qui si scopre come il cammino di San Damiano s’intreccia con quello di altri monasteri che vivono nella povertà in comune e hanno abbracciato la forma vivendi ugoliniana (1219) con un tipo di clausura incompatibile con la vita povera, costringendo a chiedere dispense alla Sede apostolica fino alla bolla citata sopra.
[2] Nel 1782 Giuseppe II d’Austria sopprime i monasteri nel suo vasto impero perché ritenuti inutili; la Rivoluzione francese li elimina anche violentemente; qualche anno dopo Napoleone completa l’opera. Nello stesso periodo pure i governi dell’America Latina sopprimono i monasteri.
[3] In Italia Agostino Gemelli pubblica testi francescani e scrive egli stesso diverse opere tra cui Il francescanesimo. Marciano Ceccarelli, e altri, approfondiscono la spiritualità francescana. In Francia i frati minori presentano testi di spiritualità. In Germania lo scavo è più profondo.
[4] A questo punto inizia la diffusione delle Lettere di Santa Chiara, riscoperte da pochi anni. Cf. Aa. Vv, Chiara d’Assisi, Studi e cronaca del VII centenario (1253-1953), Assisi 1954.
[5] E’ questo il nome dato da Chiara al suo Ordine. [6] UffPass II,11: FF 283 e altri.
[7] LodAl 2: FF 261.
[8] Rnb 22,42-55: FF62; 1Lf 1,13-19: FF 178/3. [9] 2Cel 12: FF 597.
[10] Così Chiara indica se stessa: RsC 1,3: FF 2751; TestsC 37: FF 2838; BensC 6: FF 2855.
[11] Rb 10,8: FF 104; RsC 10,9: FF 2811.
[12] LOrd 50-52: FF 253.
[13] Bonaventura da Bagnoregio, Le tre vie, in Opuscoli mistici, Vita e Pensiero, Milano 1957, 49- 78.
[14] Questa è la sublimità di quell’altissima povertà, che ha costituito voi fratelli miei carissimi, eredi e re del regno dei cieli, vi ha fatti poveri di cose e vi ha innalzati con le virtù, Rb 6,4: FF 90. Questa è quella vetta dell’altissima povertà, che vi ha istituite, carissime sorelle mie, eredi e regine del regno dei cieli, vi ha fatto povere di cose, vi ha innalzate per virtù, RsC 8,4: FF 2795.
[15] Pater 2: FF 267.
[16] Ibid.
[17] Rnb 17,14.16: FF 48. [18] 2Lf 48: FF 200.
[18] 2Lf 48: FF 200.
[19] 3LAg 22-23: FF 2892.
[20] Rnb 23,1-3: FF 63-64. L’intera preghiera ha l’andamento della prece eucaristica della messa e tutto il capitolo si presenta come la vocazione del frate minore a diventare egli stesso una lode a Dio.
[21] Cant FF 263.
[22] Rnb 23,9: FF 70.

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