Sabbioncello 4 ottobre 2020
(Siracide 50,1.3-7; dal Salmo 15/16; Galati 6,14-18; Vangelo secondo Matteo 11,25-30)
Non c’è dubbio: Francesco è il santo più celebre di tutti: noto, ammirato e amato in tutto il mondo, anche in ambienti assai lontani dalla Chiesa cattolica e dalla stessa cultura cristiana e occidentale.
A lui si sono ispirati scrittori di tutte le tendenze, artisti di tutte le scuole; uomini politici e addirittura dei rivoluzionari, che hanno visto in lui un apostolo della contestazione non violenta, un precursore dell’opposizione al capitalismo, al materialismo e il consumismo.
Persino molte ribellioni, da quella medioevale dei “Fraticelli” a quella degli hippies, si sono rifatte più o meno esplicitamente a lui.
Tuttavia san Francesco è a tutti gli effetti un santo riconosciuto e venerato dalla Chiesa universale. Vediamo quali sono gli elementi che garantiscono la sua piena fedeltà all’ideale cristiano, presentato in modo originalissimo, ma mai gratuito o ribelle.
Prima di tutto, la sua adesione costante all’insegnamento e alla figura stessa di Gesù. Un Gesù che Francesco d’Assisi presenta agli uomini del suo tempo – e di tutti i tempi – come il Salvatore per amore e con l’amore: non solo Signore onnipotente, Maestro che non può sbagliare, Giudice supremo, ma fratello tra i fratelli, sofferente tra i sofferenti, la persona più amabile di tutte, e che tutte le creature, anzi tutte le cose create – dall’acqua alle piante, dalle stelle al fuoco, dagli animali alla terra, e alla stessa morte – amano e lodano incessantemente, perché «tutto è stato creato per mezzo di lui», come dice il prologo del Vangelo di Giovanni.
Ma soprattutto gli uomini devono amare Gesù, perché è per noi uomini che egli, il Figlio di Dio si è fatto uomo, «umiliandosi fino alla morte di croce». In una parola: Gesù Cristo è tutto per Francesco. Per questo Francesco ha amato, seguito e imitato Gesù in una maniera tale da diventare «una viva immagine del Cristo» (come proclama la liturgia, la colletta), «un altro Cristo», come è stato definito. San Francesco ci ricorda, anzitutto, che essere cristiani significa amare, seguire e imitare Gesù fino ad avere in noi, come dice san Paolo nella seconda lettura di domenica scorsa, i suoi stessi sentimenti (cf. Fil 2,5).
L’altro grande amore di Francesco è per la Chiesa. Francesco mai ha disgiunto il Cristo dalla Chiesa: per lui la Chiesa è veramente la mistica Sposa del Cristo, il suo Corpo mistico, per mezzo del quale Gesù continua la sua opera di salvezza. «Il figlio di Pietro Bernardone fu uomo di Chiesa, si dedicò alla Chiesa, e per la Chiesa, che mai disgiunse da Cristo Signore, impegnò, anche nel dolore, ogni più intimo palpito dell’anima, confermato in ciò dall’invito del Crocifisso di San Damiano: “Va’, e ripara la mia casa» (san Giovanni Paolo II, Radiomessaggio per l’apertura dell’VIII centenario della nascita di san Francesco, 2 ottobre 1981).
Gesù gli ha chiesto di riparare la sua casa, la Chiesa, non di criticarla e neanche di riformarla. E lui l’ha riparata e continua a ripararla, perché la testimonianza di Francesco è sempre attuale nella Chiesa, è quella che egli ha avvertito come la chiamata del Signore Gesù a seguire le sue orme. Ed egli le ha seguite prendendo tremendamente sul serio le sue parole, il Vangelo, sempre rifiutando categoricamente di scendere a interpretazioni del Vangelo che fossero «ad usum delphini».
San Francesco, poi, è il santo della letizia. La fonte della sua costante letizia è Gesù Cristo, che è il vero bene. Il suo primo biografo (Tommaso da Celano) ripete che il Signore era con Francesco veramente ovunque andasse, allietandolo con le sue rivelazioni e animandolo con i suoi benefici (cf. 1Cel 33:376).
La letizia di Francesco si nutre anche delle sofferenze, delle tribolazioni e della morte. A frate Leone «dettò» dove si trova «la perfetta letizia»: nelle sofferenze, nelle tribolazioni e nelle persecuzioni accettate per amore. Alla fine ha cantato il suo più alto inno di ringraziamento e di lode al Signore, il Cantico delle Creature, dopo una tormentosa notte insonne, disfatto dalle malattie e quasi cieco.
In quella serena letizia ha reso l’anima a Dio pochi mesi dopo, ad Assisi, il 4 ottobre del 1226. Aveva vissuto quarantaquattro anni.
Padre Franco Valente – OFM Sabbioncello.