Vogliamo ora considerare la nostra tradizione francescana, con l’intento di verificare sia la recezione anche “in casa nostra” di questa sapienza antica della Chiesa, sia di constatare se ci sia nella nostra spiritualità una sottolineatura o accento particolare che le conferiscano una nota originale, un accento particolare.
Partiamo dai numeri 125-129 della 2Celano (FF 709-713) in cui troviamo accostati alcuni episodi accomunati dal titolo “La vera letizia dello spirito”.
Il capitolo segue direttamente due capitoli dedicati alle “tentazioni che affrontò il santo”, e alla “lotta con i demoni”. Il nostro capitolo segue direttamente il tema precedente, infatti inizia dicendo che la gioia spirituale è il rimedio più sicuro per vincere nella lotta con i demoni:
125. Questo Santo assicurava che la letizia spirituale è il rimedio più sicuro contro le mille insidie e astuzie del nemico. Diceva infatti: «Il diavolo esulta soprattutto, quando può rapire al servo di Dio il gaudio dello spirito. Egli porta della polvere, che cerca di gettare negli spiragli, per. quanto piccoli della coscienza e così insudiciare il candore della mente e la mondezza della vita. Ma – continuava – se la letizia di spirito riempie il cuore, inutilmente il serpente tenta di iniettare il suo veleno mortale. I demoni non possono recare danno al servo di Cristo, quando lo vedono santamente giocondo. Se invece l’animo è malinconico, desolato e piangente, con tutta facilità o viene sopraffatto dalla tristezza o è trasportato alle gioie frivole».
La gioia spirituale, la “gioia della propria salvezza”, viene descritta anche come “giubilo del cuore”, “unzione dello spirito” e “olio di letizia”: immagini che rimandano alla preghiera del cuore e alla qualità della preghiera che Francesco viveva, così come la vedevano i suoi frati. A margine nelle Fonti Francescane a questo punto troviamo citato il salmo 44, 8, che parla della bellezza del consacrato di Dio, l’unto del Signore: 8 Ami la giustizia e l’empietà detesti: Dio, il tuo Dio ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali.
La preghiera è quindi rimedio al male causato dai demoni, primo rimedio contro l’accidia, come suggerito dai padri del deserto. Non ci meravigliamo di questo in quanto si tratta di una sapienza recepita sia dal biografo che da Francesco.
La malinconia in questo senso viene vista come “il peggiore di tutti i mali”, poiché è segno di malattia spirituale, segno che i demoni sono riusciti in qualche modo a entrare negli spiragli della coscienza. Una preghiera perseverante, fiduciosa ed insistente, fatta nelle lacrime, per essere guariti.
Per questo il Santo cercava di rimanere sempre nel giubilo del cuore, di conservare l’unzione dello spirito e l’olio della letizia. Evitava con la massima cura la malinconia, il peggiore di tutti i mali, tanto che correva il più presto possibile all’orazione, appena ne sentiva qualche cenno nel cuore. «Il servo di Dio – spiegava – quando è turbato, come capita, da qualcosa, deve alzarsi subito per pregare, e perseverare davanti al Padre Sommo sino a che gli restituisca la gioia della sua salvezza. Perché, se permane nella tristezza, crescerà quel male babilonese e, alla fine, genererà nel cuore una ruggine indelebile, se non verrà tolta con le lacrime. (2Cel 125, FF 709)