Tema del ritiro a Madonna del Bosco del 20 giugno 2020
Art. 1
Al centro del primo articolo della Regola dell’Ordine Francescano Secolare è lo Spirito Santo nella sua azione vivificatrice della Chiesa, sua sposa, perché essa possa compiere la sua opera di salvezza, cioè generare ogni giorno nuovi figli per il Regno dei cieli, e custodire e far crescere nella perfezione evangelica quelli che ha generato.
Lo Spirito «suscita famiglie spirituali nella Chiesa»: gruppi specifici di fedeli con un carisma per l’utilità di tutta la Chiesa (cf. Lumen gentium 43).
Tra queste famiglie spirituali vi è la Famiglia francescana: è quella famiglia che «riunisce tutti quei membri del popolo di Dio, laici, religiosi e sacerdoti, che si riconoscono chiamati alla sequela di Cristo sulle orme di Francesco d’Assisi». Si noti: «si riconoscono / chiamati alla sequela di Cristo / sulle orme di Francesco d’Assisi»: «si riconoscono», cioè hanno coscienza di non essere più quelli di prima, ma di essere nuove creature per opera dello Spirito (frutto della morte-risurrezione di Cristo), che li ha chiamati alla sequela di Cristo alla maniera di Francesco.
L’articolo, continuando, dice: «In modi e forme diverse, ma in comunione vitale reciproca, essi intendono rendere presente il carisma del comune serafico padre nella vita e nella missione della Chiesa».
Si noti:
– «modi e forme diverse…»: qui ci si riferisce ai diversi rami della Famiglia francescana.
– «ma in comunione vitale reciproca…»: comunione, non giustapposizione casuale, non raduno solo esteriore e di circostanza; soprattutto non sopportazione, individualismo di singoli o di gruppi.
– «essi intendono rendere presente il carisma del comune serafico padre nella vita e nella missione della Chiesa»: qui si sottolinea il fatto che i membri della Famiglia spirituale francescana non soltanto vivono nella Chiesa, come è dovere di ogni cristiano perché è condizione di vita cristiana, ma ci vivono con il compito e l’ansia di «rendere presente» il carisma francescano nella vita, in tutte le espressioni della vita, e nella missione della
Chiesa. D’altra parte è stato Dio stesso a dare a Francesco il suo posto e la sua missione nella Chiesa: «Va’ e ripara la mia Chiesa»: riparare, ricostruire la Chiesa attraverso la testimonianza di una vita evangelica rinnovata, vivacizzata. Come dice Francesco: «La pace, che annunziate con la bocca, abbiatela ancora più copiosa nei vostri cuori. […]
Questa è la nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti. Molti, che ci sembrano membra del diavolo, possono un giorno diventare discepoli di Cristo» (3Comp 58: FF 1469). È a questo livello che si capisce la duplice preoccupazione continua di Francesco: la sua compassione per Gesù crocifisso lo conduce alla compassione per gli uomini, per questo mondo ferito e lacerato.
Art. 2
L’Ordine Francescano Secolare viene considerato e presentato in quanto Ordine, cioè «scuola di perfezione cristiana» (come ha rilevato Pio XII nel Discorso ai Terziari del 1° luglio 1956) e in 2 quanto Ordine Secolare: composto di persone che rimangono pienamente nel mondo, che vivono e agiscono nel mondo e lo cristianizzano dall’interno; persone che appartengono alla città terrena, ma già cittadini del cielo.
Quest’Ordine risulta poi dall’«unione organica di tutte le fraternità, nelle quali i fratelli e le sorelle, spinti dallo Spirito a raggiungere la perfezione della carità nel proprio stato secolare, con la professione s’impegnano a vivere il vangelo alla maniera di san Francesco e mediante questa Regola autenticata dalla Chiesa».
Notiamo che si parla di fraternità, costituite da fratelli e da sorelle, che sono «spinti dallo Spirito», non da scopi umani per quanto nobili e disinteressati, a vivere da fratelli e da sorelle per raggiungere un preciso duplice fine: «la perfezione della carità», cioè la perfezione evangelica nella sequela o imitazione del Cristo «alla maniera di san Francesco e mediante questa Regola»; e «la perfezione della carità nello stato secolare».
Come ricordava Pio XII, «non sarete, com’è ovvio, un’assemblea di perfetti», ma di persone che anelano alla perfezione, di persone che vogliono raggiungere la perfezione della carità. «Senza questa risoluta volontà non si può convenientemente far parte di una così scelta e gloriosa milizia».1 Notiamo anche che i titoli o i nomi propri di coloro che entrano a far parte dell’Ordine Francescano Secolare sono gli stessi con cui sono chiamati i membri del Primo e del Secondo Ordine: «fratelli e sorelle».
Ora «fratelli e sorelle non si nasce se non attraverso lo Spirito. Veniamo costituiti fratelli e sorelle spirituali per merito di Cristo, che, crocifiggendo nel suo corpo il peccato, che è disunione rispetto a Dio e perciò rispetto ad ogni altro vincolo, ci ricolloca nella famiglia del Padre, ci fa suoi figli secondo una nuova generazione-creazione, e veramente fratelli […]. Il titolo di fratelli tra di noi e con Gesù è autentico da quando con la sua morte-risurrezione Gesù ci ha reso figli del Padre. […]
Titolo pasquale, che Cristo ha anticipato quando ai discepoli, che chiedevano che insegnasse loro a pregare, rispose – e Francesco lo ripete ai suoi compagni –: “Quando pregate, dite: Padre nostro…”» (Feliciano Olgiati, Commento alla Regola dell’Ordine Francescano Secolare, Milano 2019, 100s).
Per chi entra a far parte dell’Ordine Francescano, come degli altri due Ordini francescani, il nome di «fratelli e sorelle» ricorda «questa realtà-dono di essere fratelli e sorelle in Cristo, che i francescani devono vivere con particolare impegno, con la professione appunto […]. Si apre qui un capitolo enorme della nostra vita spirituale, che investe rapporti umani e soprannaturali; lo possiamo ridurre ad alcune indicazioni fondamentali, secondo l’esempio e l’insegnamento lasciato da Francesco» (Olgiati, Commento alla Regola, 101).
Le indicazioni per «una vita fraterna» offerteci dal p. Olgiati nel suo Commento alla Regola dell’Ordine Francescano Secolare, 102-104, sono le seguenti:
I. CREARSI UNA COSCIENZA FRATERNA
Quanti professano la Regola dell’Ordine Francescano Secolare devono prima di tutto formarsi ad una coscienza e fede di essere stati costituiti in fraternità e preoccuparsi soprattutto di realizzare tra loro una vita fraterna. È una Famiglia spirituale in cui tutti sono semplicemente fratelli e sorelle.
Centro vivo di questa Famiglia è Cristo, presente nel mistero e presente nel sacramento dell’Eucaristia, ma anche nel volto di ciascuno. Questa coscienza deve esprimersi anche visibilmente nella gioia di trovarsi e vivere insieme, ma soprattutto nell’attiva partecipazione alle gioie e ai dolori di ciascuno dei membri, pronti ad ogni intervento di carità.
Lo spirito di povertà a cui impegna la Regola, se veramente coltivato, fonda e sostiene quella continua disponibilità alla carità reciproca, (1Pio XII, Discorso ai Terziari del 1° luglio 1956, in Discorsi e radiomessaggi di sua Santità Pio XII, vol. XVIII, Roma 1957, 317) che è matrice e frutto insieme della vita fraterna. Tutto questo per essere, come vuole la vocazione, un segno del Regno dei cieli già presente in noi.
II. PORSI L’UNO A SERVIZIO DELL’ALTRO UMILMENTE
Francesco porta l’esempio di Cristo che lava i piedi ai suoi discepoli. Significa accettare e volere la condizione di minori, di quei piccoli evangelici che hanno scoperto che tutto quanto hanno e sono è dono del Padre per mezzo di Gesù, e quindi devono rispondere a quell’amore, amando concretamente ogni fratello, fino al dono della vita (cf. Regola non bollata XVI: FF 42-45).
III. COLTIVARE UN CONCRETO AMORE FRATERNO
Le caratteristiche dell’amore fraterno sono:
– l’ottimismo e la fiducia verso ogni fratello, prima e al di là di ogni sua qualifica esteriore o difetto;
– la riverenza e la stima, perché non c’è nessuno, per quanto piccolo, che non possa essere depositario di un segreto di Dio e non possa essere trasformato da Dio in un uomo nuovo, secondo il suo Spirito;
– l’uguaglianza e l’imparzialità, pur senza tralasciare di valutare in ciascuno i doni e le capacità particolari, che gli sono state date da Dio e che egli ha sviluppato con la sua collaborazione; e quindi anche la collaborazione con ogni fratello per valorizzarne i doni particolari;
– la confidenza amichevole e la donazione reciproca;
– la letizia e la gioia, come servi di Dio, che crescono ogni giorno nella conoscenza del suo amore e ne gustano la presenza vivificante per l’eternità;
– la disponibilità e la collaborazione, sia a livello di programmazione e di effettuazione, sia nella reciproca supplenza e nella comprensione della debolezza.
AUGURI DI BUON LAVORO A TUTTI (ME COMPRESO)!
L’Assistente fr. Franco
Madonna del Bosco, sabato 20 giugno 2020.