fonte: sanfrancescopatronoditalia.it
Dalla Lettera a un ministro, pensieri rivolti ai frati, ai credenti, a tutti noi.
Un testo che manifesta il sentire profondo di Francesco è la lettera a un ministro che rivela il suo cuore e la sua personalità e al contempo è anche una silenziosa denuncia verso i frati che si erano allontanati dallo spirito primordiale e rimanevano impantanati in liti e attriti. Ma anche verso metodi e mezzi che lui, forse, non avrebbe voluto accettare. Celebre è l’affermazione di Pietro il Venerabile che aveva rimproverato Bernardo di Clairvaux e gli aristocratici ascetici cistercensi: «Voi condite i vostri legumi con un po’ d’olio e con tanta superbia». Il cavaliere di Cristo non vuole coniugare l’ascesi con la superbia bensì la misericordia con l’uomo. La conseguenza? Parole «nuove» come il Vangelo in un testo che per la sua profondità e «altezza» può considerarsi tra i più belli della spiritualità francescana: Francesco scrive a un responsabile di una comunità che si trova a fare i conti con delle lotte intestine e gli chiede di vivere non insieme agli altri ma in un eremo.
A frate N… ministro, il Signore ti benedica (cfr. Nm 6,24a). Io ti dico come posso, per quello che riguarda la tua anima, che quelle cose che ti impediscono di amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri, anche se ti percuotessero, tutto questo devi ritenere come una grazia. E così tu devi volere e non diversamente.
E questo tieni per te in conto di vera obbedienza [da parte] del Signore Iddio e mia, perché io so con certezza che questa è vera obbedienza. E ama coloro che ti fanno queste cose. E non aspettarti da loro altro, se non ciò che il Signore ti darà. E in questo amali, e non pretendere che siano cristiani migliori. E questo sia per te più che il romitorio.
E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me servo suo e tuo, se farai questo, e cioè che non ci sia alcun frate al mondo che abbia peccato quanto poteva peccare, il quale, dopo aver visto i tuoi occhi, se ne torni via senza il tuo perdono misericordioso, se egli lo chiede; e se non chiedesse misericordia, chiedi tu a lui se vuole misericordia.
E se in seguito mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo, che tu possa attirarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia di tali fratelli. E notifica ai guardiani, quando potrai, che da parte tua sei deciso a fare così. Riguardo poi a tutti i capitoli che si trovano nella Regola, che parlano dei peccati mortali, nel capitolo di Pentecoste, con l’aiuto del Signore e il consiglio dei frati, ne faremo un solo capitolo di questo tenore: Se qualcuno dei frati per istigazione del nemico avrà peccato mortalmente, sia tenuto per obbedienza a ricorrere al suo guardiano.
E tutti i frati che fossero a conoscenza del suo peccato, non gli facciano vergogna né dicano male di lui, ma abbiano grande misericordia verso di lui e tengano assai segreto il peccato del loro fratello, perché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati (Mt 9,12; cfr. Mc 2,17). E similmente per obbedienza siano tenuti a mandarlo con un compagno dal suo custode. Lo stesso custode poi provveda misericordiosamente a lui, come vorrebbe si provvedesse a lui medesimo, se si trovasse in un caso simile. E se fosse caduto in qualche peccato veniale, si confessi ad un suo fratello sacerdote.
E se lì non ci fosse un sacerdote, si confessi ad un suo fratello, fino a che avrà a disposizione un sacerdote che lo assolva canonicamente, come è stato detto. E questi non abbia potere di imporre altra penitenza all’infuori di questa: Va’ e non peccare più! (cfr. Gv 8,11). Questo scritto, affinché sia meglio osservato, tienilo con te fino al [Capitolo di] Pentecoste; là sarai presente con i tuoi frati. E queste e tutte le altre cose che non figurano nella Regola, con l’aiuto del Signore Iddio sarà vostra cura di adempierle.