Immagini: foto di Anna e Marco – OFS Sabbioncello
Il Cammino di Santiago de Compostela è uno dei più cammini più famosi di ogni tempo, percorso da una moltitudine di persone ognuna con le proprie motivazioni che spingono a percorrere centinaia di chilometri (il percorso completo è lungo circa 800 km percorribile mediamente in circa un mese e si estende nei territori di Francia e Spagna (tutte le informazioni sul sito https://www.caminodesantiago.gal/it/inicio)
La nostra consorella Anna Teresa, da poco tornata a casa dopo aver percorso il cammino da Ponferrada a Santiago in compagnia di un altro confratello, Marco, che lo scorso anno in circa un mese ha percorso l’intero cammino, ha condiviso con noi le sue motivazioni, impressioni, emozioni, riflessioni e interrogativi.
Prima di ascoltare la nostra Anna ci lasciamo guidare da don Luigi Bonarrigo per cercare di capire cos’è il pellegrinaggio cristiano, pensiero liberamente tratto da“La Domenica” – periodici San Paolo – di oggi 30 giugno 2024:
Cos’è il pellegrinaggio cristiano?
Il pellegrinaggio è un atto di devozione teso a riunire l’uomo a Dio. Si tratta di un viaggio interiore dell’anima verso il Signore, Creatore e Salvatore. Il pellegrino mette in moto tutte le sue forze fisiche, psichiche e spirituali per raggiungere una meta santa: il santo sepolcro di Nostro Signore, la tomba o le reliquie di uno degli Apostoli, un luogo significativo del culto mariano o della storia dei santi. Tale pio esercizio di vita spirituale è avvolto da un amore vivo verso il Signore, è accompagnato da un sincero pentimento per i propri peccati ed è motivato da una intenzione determinata di non voler più ricadere nelle proprie colpe, ormai detestate con orrore.
Il pellegrinaggio si conclude con la venerazione delle reliquie presenti nel luogo, faticosamente raggiunto. È una devozione riempita di fervente preghiera e di amorosa fede, spesso avvolta da tanta emozione e abbandono a Dio. È il momento nel quale l’intimità del proprio cuore incontra il segreto dei doni del cielo. L’anima si fonde misteriosamente, dopo tutte le fatiche affrontate per amore, con colui che è Amore. Nei luoghi di pellegrinaggio non mancano i sacerdoti per ascoltare le confessioni di coloro che si preparano all’incontro con il Signore nella celebrazione della santa Messa attraverso la comunione eucaristica.
Il pellegrino pregherà per i suoi nemici, coloro che lo hanno fatto più soffrire, li perdonerà benedicendoli, purificandosi così dai rancori e dalle tristezze della vita passata. Offrirà, in tal modo, il massimo bene per il massimo male ricevuto. Infine, darà delle offerte perché siano celebrate delle sante Messe secondo le sue intenzioni e, soprattutto, esprimerà la promessa di tornare, se Dio lo vorrà. Così il pellegrinaggio si conclude? Sì, ma non dimentichiamo che, in passato, senza i velocissimi mezzi di oggi, il pellegrino doveva tornare a piedi. Questo significava ripercorrere anche migliaia di chilometri, quanti ne aveva percorsi all’andata, per ritrovare i suoi, vivendo da viandante per mesi e mesi. La sua vita era però cambiata: Gesù si era acquistato un nuovo discepolo, vero e forte.
don Luigi Bonarrigo
Adesso ascoltiamo la nostra Anna:
Per chi sono andata a Santiago … Ho una lista in cui ci sono tutti i fratelli e figli per cui voglio pregare o che mi hanno chiesto preghiere di intercessione presso l’Altissimo, che sa già cosa è il meglio per ciascuno di noi, altrimenti non ci avrebbe creato, ma allo stesso tempo accoglie con la stessa gioia con cui una mamma guarda due sue figli che si amano, la richiesta di un figlio di dare a suo fratello cose buone. I fratelli che ho nel cuore riempiono una facciata della mia agenda compresi i margini, ma non li conterò qui, perché il Signore quando dà non conta, ma restituisce il cento per uno e una misura scossa, pigiata e traboccante.
Perché andrò a Santiago. Perché lì riposa l’apostolo Giacomo, che è stato vicino a Gesù, è stato suo amico, lo ha toccato. Noi viviamo per amare ed essere amati e possiamo essere veramente felici solo se realizziamo questo stato di grazia. Anche io voglio vivere vicino a Gesù e vorrei toccare almeno il lembo della sua tunica. Gesù è Dio venuto su questa terra per farsi conoscere, perché ascoltiamo la sua voce con le nostre orecchie, perché lo guardiamo con gli occhi del nostro corpo, perché lo abbracciamo e siamo abbracciati da lui. Sulla tomba di san Giacomo ho chiesto all’apostolo cosa si prova a guardare, ascoltare, abbracciare Gesù. Lui mi ha risposto: è come ascoltare, guardare, abbracciare un vero amico. Ti senti bene e basta.
Il cammino è un rituale, non è un fai da te, il cammino era previsto per ottenere il perdono dei peccati. Ad esempio, tra Palas de Rei e Melìde c’è un ponte romano con pavimento in acciottolato da cui si tiravano 3 sassi nel fiume chiedendo a Dio di liberare il pellegrino dai tre peccati o dai tre vizi maggiori della sua vita. Questo rituale non è un’improvvisazione, per chiedere questo perdono bisogna pensare a quali sono i maggiori peccati della propria vita.
La tappa da Pedrouzo – Arca – a Santiago. Pioveva ma l’entusiasmo era a mille. Il tempo è stato clemente (la percentuale di pioggia è stata del 20% rispetto al previsto dell’80%). Il paesaggio era per la maggior parte rurale o selvaggio, con pochi punti di ristoro. Le casette erano per lo più di pietra, basse, con davanti almeno un abbozzo di giardino, di cui la regina è senza dubbio la rosa, completata da calle, lilium, gladioli e altre bellezze. Attraversando foreste di eucalipti sotto la pioggia siamo passati per il monte Gozo, gli ultimi metri del cammino Francese, al termine del quale in passato c’era un ospedale per il ricovero dei pellegrini ammalati o infortunati durante il lungo viaggio. Arrivati a Santiago abbiamo partecipato alla messa degli italiani, celebrata da padre Fabio, che ha tenuto anche una catechesi sul cammino.
Cosa è stato il cammino nei secoli. Il pellegrinaggio è iniziato nell’813, come alternativa al pericoloso viaggio verso la terra Santa, dato che a Santiago c’erano le spoglie di san Giacomo, l’apostolo di Gesù, martirizzato per non aver rinnegato il suo Signore, insieme ai due suoi discepoli, Teodoro e Anastasio, con i quali è attualmente sepolto nella cattedrale di Santiago. La loro testimonianza silenziosa rafforza il nostro incoraggiamento reciproco a professare la nostra fede nel Signore Gesù fino alla fine della nostra vita. Nel 902 dc un gruppo di 400 pistoiesi, accompagnati dal vescovo, si recarono in pellegrinaggio a Santiago, il cui vescovo dell’epoca donò un osso di san Giacomo a quella delegazione di pellegrini, causando addirittura una rivolta del popolo di Santiago che non voleva cedere alcuna reliquia dell’apostolo. Tuttora al corpo di San Giacomo manca un osso, oltre alla testa, contesa agli spagnoli dagli Armeni ed ora conservata nella chiesa armena accanto alla porta di Sion in Gerusalemme, dove il santo fu decapitato. In passato il pellegrinaggio alla tomba di san Giacomo veniva assegnato come penitenza per uno dei 14 peccati maggiori (tra cui ricordiamo l’omicidio, l’usura, l’aborto, l’abuso del padre nei confronti della figlia, l’omosessualità, ecc.…). Il penitente veniva accolto da un sacrista alla porta di ingresso della cattedrale con la domanda: Omnia fecisti? A cui veniva aggiunto il precetto di compiere i successivi 5 passi: 1. confessione, 2. comunione, 3. visita alle reliquie di san Giacomo con il precetto di pregare per i propri nemici, 4. abbraccio alla statua del santo scaricando fisicamente il proprio peso e recitando una preghiera per essere aiutati a portare i pesi della propria vita 5. Contributo al tesoro della cattedrale (olio per le lampade, ex voto o contributo monetario), precetto ormai in disuso, sostituito da offerte spontanee o altre opere di carità. I pellegrini a cui veniva assegnato il pellegrinaggio alla tomba di san Giacomo come penitenza di solito proseguivano fino a Muxia o a Finis Terrae (oggi Finiterra) per raccogliere sulle spiagge della Costa de la Muerte la conchiglia della Cappasanta, da riportare al confessore come prova di adempimento. La tomba di san Giacomo ci interroga: per chi vivi? Per chi sei disposto a morire? Davanti a San Giacomo si faceva la consacrazione del resto della propria vita a Dio, e chi tornava vivo in patria viveva secondo il vangelo. A Finis Terrae si faceva la consacrazione a Dio della propria morte davanti al tramonto all’estremo occidente del mondo allora conosciuto.
Cosa è stato il cammino per me. Ringrazio Dio che mi ha voluto concedere questa benedizione in salute, opportunità e buona compagnia, nella bellezza di un giardino creato al ciglio della strada per la consolazione della mia anima. Uscite e guardate cosa ha fatto per noi il Signore. Nessun giardiniere con le migliori qualifiche professionali o il migliore architetto paesaggista potrebbero creare la bellezza naturale che si trova nei campi incolti. Nessun alchimista potrebbe riprodurre gli effluvi balsamici che arrivano dalle foglie cadute dai boschi di eucalipto e macerate sul sentiero. Guardando le impronte sulla polvere o sul fango dei sentieri che ho calpestato con i miei scarponi ho percepito la storia più che millenaria dei pellegrini che li hanno percorsi. Pensare ai secoli e millenni di santi o peccatori amati che mi hanno preceduto e sulle cui orme sto camminando è una sensazione indescrivibile. Mi piace immaginare che alcuni dei sentieri in cui ho camminato sia stato scavato dai passi di pellegrini in milleduecento anni, pensare che i sassi sporgenti sul ponte romano abbiano infastidito i piedi di San Francesco. Voglio ringraziare ora i miei compagni di cammino a cui speravo di non far pesare la mia fatica. Ma mi faceva piacere quando si giravano indietro per guardare e chiedermi se stavo bene.
Attraverso i secoli ai pellegrini viene sottoposto il confronto tra una vita ordinaria che giorno dopo giorno non fa altro che lasciarci una successione di perdite: della bellezza, della gioventù, della salute, della linea … rispetto a una vita semplicemente eccezionale come ci chiede Gesù. San Giacomo ci dà l’esempio di una vita semplicemente eccezionale. Ha accettato con semplice entusiasmo la chiamata di Gesù. Gli è stato semplicemente vicino, come amico, nella gloria del monte Tabor come nel dolore del Getsemani. Infine, alla domanda: vuoi la tua vita o Gesù? Lui ha scelto con eccezionale semplicità: Gesù. Dobbiamo assistere indifferenti allo scorrere del tempo e degli eventi e passare la vita lavorando come animali senza pensare o trovare il tempo di stare un po’ con Dio? Alcuni possono essere delusi dagli affetti più profondi, da qualcuno di cui ci fidavamo ma che ci ha ferito. Queste sono le occasioni in cui siamo chiamati a fare il salto di qualità e a dire a chi ci ha fatto del male: io non voglio essere come te e ti benedico.
Dal confessore sono stata invitata a scrivere una preghiera di benedizione per chi ha rovinato la mia vita, che trascrivo qui:
Signore Dio Altissimo, metti nella testa del mio nemico dei pensieri felici che scaccino i corvi neri che adesso la abitano. Mettici la consapevolezza di essere un figlio desiderato, dalla mamma e dal papà terreni come da te, o Dio, e di essere figlio desiderato e necessario. Fagli intravedere il progetto di amore che hai per lui, come in parte lo hai già realizzato e come ancora lo stai realizzando e come infine lo realizzerai in pienezza, perché tu puoi tutto ciò che vuoi. Hai già realizzato parte del tuo progetto su di lui infliggendomi attraverso il mio nemico il mio dolore e rendendomi una persona migliore, perché io, o Dio, avendo sofferto quel dolore, non lo infliggerò consapevolmente ai miei fratelli. E io ringrazio Dio per avermi reso quella che sono anche grazie a te, nemico e fratello, che mi hai fatto soffrire, forse inconsapevolmente. Dio mio, fai intravedere oggi al mio fratello per cui ti rivolgo questa preghiera, la felicità che gli hai riservato quando ti vedrà faccia a faccia, in modo che possa riversare sprazzi di questa immensa felicità nelle sue parole e nelle sue azioni e dare una degna testimonianza di te con il suo essere, e di vivere felice solo per il fatto di appartenerti.
Trascrivo qui anche la preghiera a Maria, madonna dell’Aurora, che si trova nella chiesa degli italiani di Santa Maria del Cammino a Santiago:
Nostra Signora del Cammino, Madre di Gesù e di tutti i piccoli della Terra, di chi viene qui da secoli cercando luce, pace, verità. Anche tu come noi conosci la strada. Un giorno ti mettesti in cammino per le montagne di Israele, perché avevi il cuore che scoppiava di gioia: avevi un mistero nell’anima, ma chi poteva capirti? Allora facesti il tuo cammino verso l’unica capace di ascoltarti. Un altro giorno hai provato quanto sia duro camminare e sentirsi stranieri e sconosciuti. Dovesti partorire il tuo Gesù nel rifiuto del mondo. E poi il viaggio fatale, quello delle lacrime. Dietro la croce, con tuo figlio massacrato, quando tentarono di uccidere la speranza. Anche noi, tra lacrime e gioia, siamo venuti da Giacomo, giovane amico di tuo figlio, capace di dare tutto per lui, persino la vita. In questa casa dove da secoli ricevi i pellegrini, accogli oggi il nostro amore di figli. Al di sopra di tutti gli sguardi umani che fanno bella la vita c’è il tuo, dolce madre del Signore. A te facciamo voto di tornare in questa città santa se la vita ce lo consente. Altrimenti ci rivedremo nella Gerusalemme celeste, dove tuo figlio ci chiamerà a sé e dove ti diremo ancora tutto il nostro affetto e la fede in Gesù, unica speranza del mondo. Prega per noi, Madre. Non ti dimenticheremo.
Anna Teresa D’Andreti – OFS Sabbioncello
Prima di condividere alcune foto che i nostri pellegrini inviavano quotidianamente dai luoghi attraversati in comunione di spirito e di preghiera, mostreremo un dipinto realizzato dall’artista Sara Fruet intitolato “Alba tra Portomarin e Palas del Rei” (24×33, gouache e matite colorate su carta, collage 3d) in mostra in questi giorni nel Salone San Carlo del nostro convento dei Frati Minori di Sabbioncello. Perchè questo? Semplicemente perché questo dipinto oggi ha incontrato Anna ed è stato subito “amore”. La casualità? A noi piace pensare che sia stato altro.
Alcune foto del cammino