Siamo alla vigilia della partenza. Riproponiamo l’articolo dello scorso mese di luglio in cui la nostra consorella Anna ci annunciava la volontà di intraprendere questa impresa.
Sette pellegrini che ripercorreranno a piedi, da La Verna ad Assisi, i passi di Francesco.
Queste le tappe che, a Dio piacendo, seguiremo:
18/8 la Verna
19/8 Pieve s. Stefano
20/8 Pian della Capanna
21/8 Sansepolcro
22/8 Citerna
23/8 Città di Castello
24/8 Pietralunga
25/8 Gubbio
26/8 Eremo di s. Pietro in vigneto
27/8 Villafabbrica
28/8 Perugia
29/8 Assisi
Il Cammino, pianificato e costruito da sette piccoli uomini in un’ardente attesa tutt’altro che passiva come fosse un mezzo di avvicinamento a ciò che più desideriamo nella vita, ci viene incontro a grandi passi.
Ma cosa sarà mai questo Cammino?
Sarà solo un pezzo di vita muovendo gli arti inferiori come la nostra natura ci comanda dall’età di circa un anno, ricordo ancestrale dei nostri antichissimi progenitori che dall’Africa, migrando a piedi, hanno colonizzato il mondo? Perché lo desideriamo così intensamente?
È l’allegoria del desiderio dell’anima di sollevarsi verso Dio, per giungere in un luogo che possa aiutarci a dare un barlume di significato al correre convulso ed insensato della nostra vita.
È desiderio di Pace, quando alla sera ci fermeremo con la consapevolezza di aver fatto un pezzo di strada nella giusta direzione e non aver sprecato l’enorme la fatica della giornata dietro ad obiettivi vani.
Siamo affascinati da Francesco. Ha scelto di spogliarsi dal superfluo di una vita agiata per andare incontro all’essenziale senza la zavorra del mondano. La sobrietà come scelta di libertà.
Libertà dal denaro, Libertà dai possedimenti, libertà dalle cose, intendiamoci, cose buone perché create per il benessere dell’uomo, creatura amata, che Dio vuole rendere splendido come i gigli dei campi e in salute come gli uccelli del cielo. Ma non servono, no, tutte quelle cose che cerchiamo di accumulare nei nostri scrigni. La felicità per cui Dio ci ha creati è altrove. Sta dove tutti i rumori di oggi non ci stordiscono, dove tutti questi oggetti non ci tolgono lo spazio vitale. Sta nella gioia di un incontro.
L’aveva capito bene, Francesco.
Nudo, di fronte al suo padre carnale e al vescovo Guido, suo giudice terreno, ma ispirato, che mimando l’azione sempre operante della provvidenza lo ha coperto col suo mantello.
Dove ci sarà qualcosa che manca, una giustizia che non consociamo a fondo perché non è umana verrà a supplire. Eppure siamo così presi dal nostro da fare. Non l’abbiamo veramente compreso.
E allora, solo intuendo la stolta felicità di un piccolo uomo che nudo e scalzo chiede consiglio al suo creatore e cammina per andare incontro ai suoi fratelli ai quali sente l’urgenza di comunicare il tesoro grande che ha trovato, pur non comprendendo ancora a fondo il perché, vogliamo seguirlo.
“O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti prego che tu mi faccia innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nell’ora della tua acerbissima passione; la seconda, che io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quell’eccessivo amore del quale tu, Figlio di Dio, eri acceso per sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori (Quarta Considerazione sulle stimmate, FF 1919).”
Questa è la preghiera che san Francesco avrebbe pronunciato sul monte della Verna, nel giorno della festa dell’esaltazione della santa Croce dell’anno 1224 poco prima di ricevere nella sua carne i segni della passione di Gesù.
Per arrivare alla gioia della resurrezione, bisogna passare attraverso la croce, attraverso l’insensato, violento, estremo dolore.
Dio, nonostante la fatica dell’oggi ci hai messo nel cuore la consapevolezza e la fiducia che ci hai creati per essere felici. In questo spazio della vita che hai donato a noi sette, ci hai mandato l’intuizione e l’opportunità del cammino.
Contro la logica del tutto subito, il Cristiano comprende che se l’attesa è vissuta con fedeltà e perseveranza porta i suoi frutti a tempo debito, che non è necessariamente il tempo che noi ci aspettiamo o pretendiamo.
Attraverso una fatica fisica costante a cui umanamente ci ribelliamo. Attraverso un Calvario se vuoi, ma con dei Cirenei e delle Veroniche accanto. Questa è la chiave di lettura della vita. Tanto dolore, tanto amore.
La felicità arriva da sola, inspiegabilmente.
Anna D’Andreti