Sabbioncello 30 agosto 2020
Oggi si celebra la dedicazione della nostra chiesa, o meglio l’anniversario della dedicazione al culto sacro della nostra chiesa di Sabbioncello, avvenuta il 30 agosto di un anno imprecisato del Cinquecento o più probabilmente del Seicento.
Che cosa significa celebrare l’anniversario della dedicazione di una chiesa? Non vuol dire assolutamente celebrare l’anniversario del completamento o dell’inaugurazione di un edificio, anche se costruito artisticamente e ricco di opere d’arte.
Che cosa è la dedicazione di una chiesa? La dedicazione di una chiesa è un rito liturgico che il cristianesimo ha ereditato dall’ebraismo e dall’Antico Testamento, e mediante il quale un edificio materiale, fatto di pietre, di mattoni, di marmo, ecc., viene dedicato, consacrato a Dio e quindi sottratto a qualunque altro uso che non sia religioso o liturgico, per cui quell’edificio diventa una chiesa, cioè un edificio, un luogo consacrato a Dio.
Qualcuno potrebbe obiettare: che senso ha consacrare un edificio a Dio? Dio è presente ovunque; ogni cosa è consacrata dalla presenza di Dio. Questo è senz’altro vero. Dio è ovunque. Come dice il Libro della Sapienza, «lo Spirito del Signore riempie l’universo» (Sap 1,7). Dio è presente in modo speciale in quello che è il suo capolavoro, cioè l’essere umano, ogni essere umano, e in modo specialissimo nel cristiano. Siamo, come dice san Paolo nella seconda lettura, «il tempio di Dio», perché lo Spirito di Dio abita in noi («Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» [1Cor 3,16]).
Se tutto questo è vero, non è meno vero che Dio è realmente presente anche nelle nostre chiese materiali in diversi modi speciali. In quali modi Dio è presente in una chiesa?
Dio è presente in una chiesa, in ogni chiesa, dalla più splendida artisticamente alla più modesta delle chiese, anzitutto tutte le volte che vi si celebra la Santa Messa, perché tutte le volte che si celebra la Santa Messa, il Santo Sacrificio, Gesù si rende presente sull’altare per ripresentare al Padre e a noi tutti, membra del suo Corpo mistico, il sacrificio che egli ha offerto al Padre sulla croce per la salvezza di tutta l’umanità, e per renderci presenti a tale evento. L’altare diventa, allora, la collina del Calvario su cui era piantata la Croce, e noi siamo là, davanti al Cristo inchiodato alla Croce. Con quale atteggiamento? Con quello di Maria e di san Giovanni? Con quello dei soldati? Con
quello dei passanti e dei curiosi?… La Santa Messa, la celebrazione del Santo Sacrificio, è, in un certo senso, una… macchina del tempo.
Dio è presente in ogni chiesa anche tutte le volte che vi si celebrano i sacramenti del battesimo e della cresima. Nella chiesa della nostra comunità parrocchiale abbiamo ricevuto il battesimo, per mezzo del quale siamo diventati figli adottivi di Dio e membri della Chiesa.
Inoltre Dio, il Figlio di Dio fatto uomo, è presente in ogni chiesa in modo permanente nel tabernacolo, dove si conserva il pane eucaristico per l’adorazione dei fedeli e perché sia disponibile anche fuori della Messa. Diceva don Bosco: «Vuoi molte grazie? Vallo a trovare spesso. Ne vuoi poche? Vallo a trovare poco. Non ne vuoi nessuna? Non andarlo a trovare!». Dio è presente anche nel libro sacro che è esposto su questo leggio. Infatti questo libro
contiene la parola viva di Dio, che ci illumina e ci guida.
Ecco quindi il dovere di sfruttare come meglio possiamo questa molteplice presenza speciale di Dio nelle nostre chiese. Le nostre chiese sono luoghi di salvezza, luoghi nei quali si realizza la nostra salvezza. Perciò dire: «Io sono un cristiano non praticante, o poco praticante» è dire un’assurdità, una… eresia. L’espressione «cristiano non praticante» è un controsenso.
Ma la parola chiesa da dove viene? E che cosa significa? Viene dalla parola greca ekklesía, (dal verbo ek-kalèin = “chiamare fuori”, “convocare”), che significa “convocazione”, “riunione”, “assemblea”. Questa parola greca, nella traduzione dell’Antico Testamento dall’ebraico al greco chiamata la Versione dei Settanta (elaborata tra il 250 e il 150 circa a.C.), è usata per tradurre una espressione ebraica che significa “il popolo eletto riunito davanti a Dio” (qehàl Iahvè). Questa è una parola molto importante nella Bibbia, dal momento che dalla storia dell’umanità come è narrata dalla Bibbia appare chiaramente che Dio vuole (ha stabilito di) salvarci non come individui isolati, ma inserendoci in una comunità, in un popolo.
Ora, dopo la venuta di Gesù, la Chiesa, la Ekklesía (come è chiamata già nell’Antico Testamento, nella sua traduzione in lingua greca, la comunità di salvezza, la comunità in cui e attraverso cui Dio ci salva) è la comunità fondata da Gesù, la quale è formata dai seguaci di Gesù, che continuano la sua opera nel mondo. La chiesa (con la c minuscola) è, allora, il luogo in cui la Chiesa (con la c maiuscola), o meglio una parte (porzione) di essa, si riunisce per nutrirsi della parola e della presenza di Dio, di Gesù Cristo, e per consolidarsi e rafforzarsi nella fede, nella comunione con Dio (con le Persone della Trinità) e con gli altri membri della Chiesa, e nello slancio missionario, nell’opera di evangelizzazione.
La festa della dedicazione della chiesa ci ricorda ancora una verità fondamentale: che anche ognuno di noi è «chiesa». In forza del battesimo e la cresima ognuno di noi è diventato «chiesa», «tempio» di Dio, di Cristo e dello Spirito Santo, come dice san Paolo nella seconda lettura. La più grande sciagura sarebbe allora profanarlo, deturparlo con il peccato.
Ha scritto sant’Agostino: «La dedicazione della casa di preghiera è la festa della nostra comunità. Questo edificio è divenuto la casa del nostro culto. Ma noi stessi siamo casa di Dio. Veniamo costruiti in questo mondo e saremo dedicati solennemente alla fine dei secoli». E san Cesario di Arles: «Tutte le volte che veniamo in chiesa riordiniamo le nostre anime così come vorremmo trovare il tempio di Dio. Vuoi trovare una basilica splendente? Non macchiare la tua anima con le sozzure del peccato».
Dedicazione della chiesa di Santa Maria Nascente (Sabbioncello di Merate, 30/8/2020)
(Primo Re 8,22-23.27-30; dal Salmo 94/95; Prima Corinzi 3,9c-11.16-17; Vangelo di Giovanni 4,19-24)
Padre Franco Valente – OFM Sabbioncello