La regola dell’ordine francescano secolare al n.5 sottolinea come Cristo ”sia vivente e operante nei fratelli, nella sacra Scrittura, nella Chiesa e nelle azioni liturgiche”. La fede di Francesco che dettò queste parole: “Nient’altro vedo corporalmente in questo mondo dello stesso altissimo Figlio di Dio, se non il suo santissimo Corpo e il santissimo Sangue”, sia per essi l’ispirazione e l’orientamento della loro vita eucaristica.
Questi sono i quattro volti di Cristo:
- Gesù che vive ed opera nei fratelli, perché di ognuno ha assunto il volto, ci parla per mezzo loro e richiede verso di loro il nostro amore.
- Gesù vivente nel Vangelo, parola viva ed operante.
- Gesù che vive ed opera nella Chiesa, madre della nostra salvezza.
- Gesù vivente ed operante nella liturgia e, in special modo, nell’ Eucaristia.
Le Costituzioni Generali dell’Ordine Francescano Secolare all’art.14 affermano: ”L’Eucaristia è il centro della vita della Chiesa. In essa Cristo ci unisce a Lui e tra noi come un unico corpo. Quindi, l’Eucaristia sia il centro della vita della Fraternità; i fratelli partecipino all’Eucaristia con la maggior frequenza possibile, memori del rispetto e dell’amore di Francesco che nell’Eucaristia ha vissuto tutti i misteri della vita di Cristo”
L’Eucaristia è, in primis, il prolungamento del mistero dell’Incarnazione: “Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote.
E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne…così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero.” [Ammonizioni 1,16]. La “vera carne“ del Signore presente nell’Eucaristia rivela la grande fede di Francesco, sottolineata anche dall’esortazione a passare dal ”vedere con gli occhi del corpo” al ”vedere e credere” per fede nella transustanziazione del pane e del vino nel “corpo e sangue vivo e vero”.
Francesco ha la duplice preoccupazione di difendere la realtà dell’Eucaristia sia contro l’eresia dei catari, i quali negavano il mistero dell’Incarnazione di Gesù, perché consideravano la materia un principio cattivo e, come tale, estraneo alla divinità di Gesù, che era solo spirito (eresia di docetismo), sia contro quanti negavano la reale presenza del corpo e del sangue di Cristo nelle due specie eucaristiche, dispute che si sono succedute nel Medioevo fino all’approvazione del dogma della transustanziazione con il Concilio di Trento a metà Cinquecento.
Lo sguardo di Francesco è di fede e di adorazione; Francesco è un mistico che ha cura di tradurre in modo concreto le disposizioni del Concilio Lateranense IV del 1215 sul rispetto dovuto all’Eucaristia, per farle conoscere ai suoi frati; perciò in molti scritti si rileva la sua insistita raccomandazione sulla pulizia delle chiese, degli altari, delle tovaglie e il rispetto delle norme liturgiche nella celebrazione della messa e nella conservazione e distribuzione dell’ostia.
La trascuratezza di certe chiese negli arredi e negli altari era anche frutto dell’ignoranza del clero povero che viveva in campagna, spesso in condizioni misere e, così, Francesco, quando predicava per i villaggi nei dintorni d’Assisi, portava una scopa per pulire le chiese e predicava in disparte ai sacerdoti di mantenere pulita la chiesa, l’altare e le suppellettili sacre [Leggenda perugina 60]. Ù
La delicatezza e la fede che mostrava verso i sacerdoti, evitando di rimproverarli aspramente, è dovuta al sacramento dell’ordine, tanto che se anche essi fossero arrivati a perseguitarlo, Francesco sarebbe ricorso ancora ad essi (per la messa e i sacramenti), come scrive nel Testamento, evitando pure di predicare nelle loro parrocchie contro la loro volontà, ritenendoli suoi signori da rispettare, amare ed onorare: ”Non voglio considerare che in essi sia peccato, perché in essi vedo il figlio di Dio, e sono miei signori. E faccio questo perché in questo mondo non mi è concesso di vedere sensibilmente dell’altissimo Figlio di Dio, se non il suo santissimo Corpo e Sangue, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri. E voglio che questi santissimi misteri siano onorati più di ogni altra cosa, venerati, riposti in luoghi preziosi.”
Emerge, così, un duplice tema: il rispetto per il santissimo corpo e sangue di Cristo e il rispetto per i sacerdoti che celebrano l’Eucaristia. Di costoro non voleva considerare l’ìndegnità morale, dissociandosi, così, dall’accusa dei movimenti ereticali che legavano l’efficacia del sacrificio eucaristico alla persona del sacerdote che l’offriva.
“Io so che non possono inquinare la forza e l’efficacia dei divini sacramenti. Anzi, attraverso queste mani si riversano sul popolo di Dio molti benefici e carismi celesti. Per questo io le bacio per riverenza di ciò che amministrano.“ [Fonti Francescane 2253].
La devozione di Francesco per l’Eucaristia, più che le questioni teologiche dibattute al tempo, tocca i suoi sentimenti; Francesco brucia d’amore per l’Eucaristia, che è sempre chiamata “corpo del Signore” e mai Eucaristia; il suo ardente amore è legato all’oggetto amato che è visibile nel pane e nel vino consacrato dal sacerdote.
Nella parafrasi del Padre Nostro, Francesco scrive: “Il nostro pane quotidiano: il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi in memoria e comprensione e venerazione dell’AMORE che egli ebbe per noi e di tutto e di tutto quello che per noi disse , fece e patì“.
Francesco si strugge d’amore per “l’amore non amato”, tanto che le Fonti raccontano di un Francesco che si aggirava nelle selve, piangendo l’amore di Dio non corrisposto dagli uomini.
Il Celano, inoltre, racconta di un Francesco che si comunicava spesso, quando la prassi nel Medioevo era ristretta al precetto pasquale, mentre Chiara e le Povere Donne di San Damiano si comunicavano sette volte l’anno [Regola di Santa Chiara III, 14].
Questo amore eucaristico è strettamente legato anche al mistero del Natale di Gesù, così che il racconto del presepio di Greccio non è solo la prima e suggestiva rappresentazione della nascita del Salvatore, ma è la reale celebrazione dell’Eucaristia sulla greppia del bambinello.
Le Fonti Francescane raccontano che Francesco, tre anni prima della sua morte, disse: “Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello…arriva alla fine Francesco e vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia…poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio“.
Il Natale di Greccio è, pertanto, una celebrazione eucaristica su quella mangiatoia che funge da altare collegandosi alla Passione del Signore, come scrive nella Lettera a tutti i fedeli: “E la volontà del Padre fu tale che il suo Figlio benedetto e glorioso, dato e nato per noi, offrisse se stesso cruentemente come sacrificio e come vittima sull’altare della croce non per sé, ma per i nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché seguiamo le orme”.