Dal programma annuale di formazione francescana per gli ammessi in Fraternità.
ART. 13 Regola OFS: “Come il Padre vede in ogni uomo i lineamenti del suo Figlio, primogenito di una moltitudine di fratelli, i francescani secolari accolgano tutti gli uomini con animo umile e cortese, come dono del Signore e immagine di Cristo.Il senso di fraternità li renderà lieti di mettersi alla pari di tutti gli uomini, specialmente dei più piccoli, per i quali si sforzeranno di creare condizioni di vita degne di creature redente da Cristo”.
I francescani secolari sono impegnati nella realizzazione della fraternità universale cristiana proprio perché Dio è Padre di tutti gli uomini, i quali sono stati predestinati dal mistero salvifico divino ad essere figli nel Figlio Suo Gesù Cristo e, come tali, fratelli di tutti gli uomini.
La filiazione è il presupposto della fraternità, che si esprime nell’amore tra di noi ed è l’unica risposta che Dio si aspetta come contraccolpo del suo amore.
Se un figlio si separa dai fratelli non è più figlio, perché si rifiuterebbe di assomigliare a Dio, che è una comunità di effusione di Tre Persone che si amano; se siamo separati dai fratelli, saremo, pertanto, l’immagine di un Dio solitario e costruiremo una desolante paternità senza fraternità. Da evitare è anche la ricerca di una fraternità senza Padre, dove scompare il riferimento a Dio come accade spesso ai nostri giorni.
In tutte le fraternità/comunità c’è un periodo in cui si va d’accordo: è la cosiddetta “luna di miele” in cui non ci sono contrasti, perché si cammina affiancando i propri egoismi, tutti presi dall’entusiasmo per il proprio sentimento religioso e la propria carità. Presto, però, l’incanto si infrange e occorre condividere la sorte di Gesù, amando i fratelli senza essere riamati, ricevendo ingratitudine, umiliazione, incomprensione ed amarezza.
Così ama Dio: gratuitamente. Se amiamo veramente Dio, amiamo anche i fratelli, vivendo in comunione con loro e ringraziando Dio che ci offre l’occasione di essere perfetti nell’amore, proprio affrontando queste situazioni di dolore che come punture di spillo ci trafiggono il cuore.
Il n.°13della Regola inizia, infatti, con un parallelismo tra lo sguardo del Padre, che vede in ogni uomo i lineamenti di Suo Figlio e il modo con cui il francescano deve accogliere tutti gli uomini: con animo umile e cortese, in quanto dono del Signore e immagine di Cristo.
Il francescano deve saper guardare ogni uomo con gli occhi di Dio, con compiacenza, perché ogni uomo è stato assunto da Cristo ad una grande dignità e vocazione, quella di figlio di Dio.
Come si fa a guardare l’uomo con gli occhi di Dio? Il francescano sa che deve guardare a Cristo e innamorarsi di lui, così come fece Francesco che seppe accogliere sia i primi confratelli che giungevano a lui sia ogni uomo che incontrava nel suo cammino, perché aveva incontrato l’amore del crocifisso.
Accogliere è, dunque, far posto dentro di noi, cioè, nella vita, nella preoccupazione e nel cuore, smuovendoci dalle nostre realtà e sicurezze; accogliere non è neppure scegliere, ma è far posto a chi giunge a noi, così come ammonisce Francesco nelle Regola non bollata: “Chiunque verrà da essi, amico o nemico, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà”(VII,14).
Si accoglie con umiltà, quando ci si china verso qualunque uomo per farsi dono, comunicando la ricchezza ricevuta da Dio con spontaneità e naturalezza, discrezione e semplicità. Si accoglie con cortesia, quando si condivide con gentilezza regale la ricchezza che ha donato il gran re. Si condivide con tutti, anche con l’ultimo, perché dono e immagine del Signore.
Accogliere come uomini, come persone con diritti anche sulla nostra vita, sui nostri beni materiali e spirituali, quanti ci sono vicini in fraternità e in parrocchia.
Francescani lieti di mettersi alla pari di tutti gli uomini, perché rinunciano a titoli onorifici, privilegi e considerazione sociale che segnano una distanza tra gli uomini, specialmente con i più piccoli, quelli senza voce e senza diritti.
Occorre accettare la parità, come ricorda la Regola non bollata: “Tutti i frati non abbiano in questo alcun potere o dominio, soprattutto fra di loro”(9).
”E nessuno sia chiamato priore, ma tutti allo stesso modo siano chiamati frati minori”(3).
Ciò che fa problema è che tra gli uomini ci sono anche i nemici e i cattivi che, istintivamente, escludiamo dal numero dei fratelli, perché non portano proprio l’immagine di Cristo.
Si tratta di una ribellione naturale, che per essere superata richiede una continua conversione a Dio, che ci ha amato, morendo per noi, nemici, perché peccatori, come afferma Francesco nella Regola non bollata: ”Infatti, il Signore nostro Gesù Cristo, di cui dobbiamo seguire le orme, chiamò amico il suo traditore e si offrì spontaneamente ai suoi crocifissori. Sono, dunque, nostri amici tutti coloro che ingiustamente ci infliggono tribolazioni e angustie, vergogna e ingiurie, dolori e sofferenze, martirio e morte, e li dobbiamo amare molto, perché a motivo di ciò che essi ci infliggono, abbiamo la vita eterna”(XXII; 2-4).
Ma l’amore ci riporta alla concretezza dei fatti: “Ama veramente il suo nemico colui che non si duole dell’ingiuria che l’altro gli fa, ma, spinto dall’amore di Dio, brucia a motivo del peccato dell’anima di lui, e gli mostra con le opere il suo amore”(Ammonizioni IX, 2-4).
Ci deve bruciare il desiderio di salvare le anime.
Conversione giornaliera per avere lo stesso sguardo d’amore di Cristo che ci dà la capacità di metterci alla pari e così caricarci di tutte le necessità dei fratelli in un impegno fattivo che richiede sforzo per creare condizioni di vita di creature redente da Cristo.
Francesco sollecitava i suoi frati ad esporre le loro necessità al fratello, perché potesse aiutarli: “E con fiducia l’uno manifesti all’altro la propria necessità, perché l’altro gli trovi le cose che gli sono necessarie e gliele dia. E ciascuno ami e nutra il suo fratello, come la madre ama e nutre il proprio figlio, in tutte quelle cose in cui Dio gli darà grazia”.
Francesco ha cercato di essere una madre per tutti gli uomini, fino a togliersi la tonaca che portava sotto l’abito per vestire un ignudo.
Non ci si può dire francescani e non fare nulla.
Sabbioncello, maggio 2020.