L’ecologia è una scienza nata poco più di cent’anni fa. In Italia si è diffusa intorno agli anni Settanta, diventando peraltro subito materia di grande interesse non solo per gli scienziati o per gli addetti ai lavori.
In pratica ci siamo accorti tutti di dover fare i conti con un problema che non avevamo messo in conto: il degrado della natura e dell’ambiente, di quel mondo cioè di cui per troppo tempo abbiamo creduto di essere sovrani assoluti!
L’ecologia è diventata oggetto di attenzione anche da parte della teologia. I credenti hanno preso coscienza della necessità di un cambiamento di atteggiamento nei confronti della natura non solo a partire dalla minaccia che incombe sull’umanità a causa del disastro ambientale, ma anche sulla base di una corretta interpretazione del messaggio biblico.
La Bibbia certamente afferma la superiorità dell’uomo e la sua signoria nei confronti delle altre creature; però non convalida, non avalla affatto una visione dell’uomo come sfruttatore e padrone assoluto della natura. Il comando di «soggiogare la terra» (Gen 1,28) indica la necessità di nutrirsi e di vivere di ciò che la terra produce. Secondo la rivelazione biblica, la posizione dell’uomo rispetto al creato è simile a quella del giardiniere, che «coltiva e custodisce», senza «rapinare e saccheggiare»; è simile a quella dell’artigiano, che «trasfigura» la materia senza «sfigurarla».
Come ha detto san Giovanni Paolo II, «il dominio accordato dal Creatore all’uomo non è un potere assoluto, né si può parlare di “usare e abusare” o di disporre delle cose come meglio aggrada».
Inoltre l’uomo, secondo la rivelazione biblica, deve vivere in solidarietà con le altre creature anche a causa della sua particolare natura: per la sua duplice dimensione, corporea e spirituale, per il fatto che è un essere insieme corporeo e spirituale (cf. CCCCompendio 69), l’uomo è “parente” sia della terra sia del cielo; pur essendo, in un certo senso, indipendente dall’una e dall’altro, egli non può distaccarsi dall’una e dall’altro. Perciò la corretta e piena realizzazione dell’uomo dipende, secondo la Bibbia, sia dalla giusta relazione con la sua “casa”, il mondo, sia dal giusto rapporto con il Creatore.
La necessità di sviluppare un atteggiamento di rispetto e di solidarietà con la natura si fa ancora più urgente allorquando si consideri che la creazione è un’opera trinitaria. Tutto proviene gratuitamente dal Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito. Tutte le creature hanno origine dall’amore di Dio, non dall’odio, né dal caso. Ne consegue che tutto è intimamente segnato e strutturato dall’amore: ogni cosa è buona, come si dice nel primo racconto dell’opera creatrice nel libro della Genesi; e dell’uomo si dice che «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31). Perciò tutto dev’essere considerato, anche dall’uomo, con un atteggiamento di rispetto e di amore, poiché ogni cosa buona è di per sé amabile.
Ma c’è di più. Coronamento dell’opera creatrice di Dio, secondo il racconto biblico, non è l’uomo, ma il sabato, ossia il giorno in cui tutte le creature s’incontrano nella pace e nella gioia tra di esse e con il Creatore. La creazione è voluta per la gloria di Dio, ossia in vista di un incontro di pace e di amore tra l’Altissimo e le sue creature. Ne consegue che la divisione, la sopraffazione e la lotta non rientrano nel progetto originario del Creatore; tali aspetti negativi sono in qualche maniera collegati all’esperienza del peccato, che ha condotto tutte le creature – in primo luogo l’uomo – lontano dall’iniziale progetto di Dio. All’origine di tutti i problemi, compreso il degrado dell’ambiente, c’è dunque il peccato. A questo proposito papa Francesco, nella sua famosa Lettera enciclica sulla cura della casa comune, la Laudato si’ (LS), così scrive:
«I racconti della creazione nel libro della Genesi […] suggeriscono che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra. Secondo la Bibbia, queste tre relazioni vitali sono rotte, non solo fuori, ma anche dentro di noi. Questa rottura è il peccato. L’armonia tra il Creatore, l’umanità e tutto il creato è stata distrutta per avere noi preteso di prendere il posto di Dio, rifiutando di riconoscerci come creature limitate. Questo fatto ha distorto anche la natura del mandato di soggiogare la terra (cf. Gen 1,28) e di coltivarla e custodirla (cf. Gen 2,15). Come risultato, la relazione originariamente armonica tra essere umano e natura si è trasformata in un conflitto (cf. Gen 3,17-19). Per questo è significativo che l’armonia che san Francesco d’Assisi viveva con tutte le creature sia stata interpretata come una guarigione di tale rottura. San Bonaventura disse che attraverso la riconciliazione universale con tutte le creature in qualche modo Francesco era riportato allo stato di innocenza originaria (cf. Legenda Maior, VIII, 1: FF 1134). Lungi da quel modello, oggi il peccato si manifesta con tutta la sua forza di distruzione nelle guerre, nelle diverse forme di violenza e maltrattamento, nell’abbandono dei più fragili, negli attacchi contro la natura» (LS 66).
Tuttavia, dice papa Francesco, «la speranza ci invita a riconoscere che c’è sempre una via d’uscita, che possiamo sempre cambiare rotta» (cf. LS 61) e «uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando». Perché ciò avvenga, è necessario, secondo la visione biblica:
riconoscere che «noi non siamo Dio» e che «la terra ci precede e ci è stata data» (LS 67);
riconoscere che la terra è di Dio, il che «implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo, perché “al suo comando sono stati creati” (Sal 148,5b)» (LS 68);
«riconoscere che gli altri esseri viventi hanno un valore proprio di fronte a Dio» e che non «possiamo disporne a piacimento» (LS 69; cf. CCC 339);
prendere coscienza del fatto che «l’indifferenza o la crudeltà verso le altre creature di questo mondo finiscono sempre per trasferirsi in qualche modo al trattamento che riserviamo agli altri esseri umani» (LS 92);
considerare ogni «persona come soggetto, che non può mai essere ridotto alla categoria di oggetto» (LS 81) e quindi impegnarsi a «coltivare e mantenere una relazione corretta con il prossimo, verso il quale ho il dovere della cura e della custodia» (LS 70);
riconoscere che «la terra è essenzialmente una eredità comune, i cui frutti devono andare a beneficio di tutti» (LS 93).
Occorre perciò, dice papa Francesco, «ritornare a proporre la figura di un Padre creatore e unico padrone del mondo, perché altrimenti l’essere umano tenderà sempre a voler imporre alla realtà le proprie leggi e i propri interessi» (LS 75).
Perché inserire in questa Enciclica, che è rivolta a tutti – dunque anche a coloro che «rifiutano con forza l’idea di un Creatore, o la ritengono irrilevante» – un capitolo che si riferisce all’idea di un Creatore e alle convinzioni di fede? Per papa Francesco «la scienza e la religione, che forniscono approcci diversi alla realtà, possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe» (LS 62) e la «complessità della crisi ecologica e delle sue molteplici cause» dovrebbe portarci a «riconoscere che le soluzioni non possono venire da un unico modo di interpretare e trasformare la realtà» (LS 63).
«D’altra parte», aggiunge il Papa, «anche se questa Enciclica si apre a un dialogo con tutti per cercare insieme cammini di liberazione, voglio mostrare fin dall’inizio come le convinzioni di fede offrano ai cristiani, e in parte anche ad altri credenti, motivazioni alte per prendersi cura della natura e dei fratelli e sorelle più fragili. Se il solo fatto di essere umani muove le persone a prendersi cura dell’ambiente del quale sono parte, “i cristiani, in particolare, avvertono che i loro compiti all’interno del creato, i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede”» (LS 64). La frase citata dal Papa è tratta dal Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990 di san Giovanni Paolo II. Perciò «è un bene per l’umanità e per il mondo che noi credenti riconosciamo meglio gli impegni ecologici che scaturiscono dalle nostre convinzioni» (ivi).
Preghiamo dunque il Signore perché ci aiuti a riconoscere sempre meglio i doveri nei confronti della natura e dei nostri fratelli che scaturiscono dalle convinzioni della nostra fede, e «affinché noi cristiani sappiamo assumere gli impegni verso il creato che il Vangelo di Gesù ci propone» (LS 246). E preghiamoLo perché «tocchi i cuori di quanti cercano solo vantaggi a spese dei poveri e della terra» (come dice la prima delle due preghiere con cui il Papa conclude la sua Enciclica). Il Santo di Assisi, «esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità» (LS 10) ci aiuti camminare sulle sue orme, vivendo in armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con noi stessi!
L’assistente, fr. Franco Valente, ofm