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LE STIMMATE DI FRANCESCO – A Cura Di Padre Franco Valente OFM
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Immagine: “San Francesco riceve le stimmate” , affresco 230×270 cm, Basilica superiore di Assisi, attribuito a Giotto tra il 1295 e il 1299.

 

(cf. Dizionario Francescano, voci: Stimmate, Croce, Conformità)

 

San Francesco è un santo profondamente e misteriosamente segnato con il segno della croce: nello spirito e nel corpo.

È Dio stesso che lo guida a scoprire Cristo crocifisso attraverso l’uomo sofferente: la malattia presa durante la prigionia a Perugia e che durò a lungo (1 Cel 3:322; LegM 1,2:1030), l’abbraccio al lebbroso, il colloquio con il Crocifisso di San Damiano. E ne è totalmente trasformato.

  1. La sua vita è scandita dagli incontri con la croce. Già prima della conversione, mentre si preparava per andare nelle Puglie e aspirava a diventare cavaliere, ebbe un sogno nel quale il Signore gli fece vedere un palazzo pieno di armi, che, secondo san Bonaventura (LegM 1,3:1031), «erano contrassegnate con la croce di Cristo».

Nei primordi della conversione ha uno dei suoi incontri più significativi con la croce: l’incontro con il Crocifisso di San Damiano (LegM 2,1:1038; 2 Cel 10-11:593-595; 3 Comp 13-14:1410-1412). Riportiamo il racconto dei Tre Compagni, perché sembra essere il più antico. San Francesco, una volta, «mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, fu ispirato ad entrarvi. Entratovi, prese a pregare fervidamente davanti all’immagine del Crocifisso, che gli parlò con commovente bontà: “Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va’, dunque, e riparala”… In seguito a questa visione, il suo cuore si struggeva, come ferito al ricordo della passione del Signore. Fin che visse ebbe sempre nel cuore le stimmate di Gesù, e questo si manifestò più tardi, quando le piaghe del Crocifisso si riprodussero in modo visibile nel suo corpo…» (cf. 3 Cel 2:825). In seguito lo Spirito Santo gli farà capire che il comando del Signore non si riferiva alla chiesa di mura, ma alla Chiesa universale, bisognosa anch’essa di urgenti e ingenti “riparazioni”.

«Da quel momento si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e, come si può piamente ritenere, le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore» (2 Cel 11:594).

Dunque quell’incontro, oltre ad avergli rivelato il suo compito, lo ha reso un uomo già interiormente segnato dalla croce, un uomo che sul monte della Verna giungerà ad essere anche esteriormente un’immagine del crocifisso, un «alter Christus».

E come Francesco ha compiuto la missione di «riparare» la Chiesa? Proprio diventando un’immagine vivente di Cristo, un «alter Christus»! Si può dire, quindi, che in questo incontro con il Crocifisso di San Damiano c’è, in nuce, già tutta la storia di Francesco.

Un altro incontro dei più significativi con la croce è stato quello che Francesco ha avuto nell’aprire il libro dei Vangeli, per conoscere la volontà di Dio riguardo al modo di vita da seguire con i suoi primi compagni (3 Comp 27-29:1429-1431; cf. 2 Cel 15:601; LegM 3,3:1053):

«Due anni dopo la sua conversione alcuni uomini si sentirono stimolati dal suo esempio a fare penitenza e ad unirsi a lui… Il primo fu Bernardo». Dopo i primi colloqui, Francesco propose a Bernardo: «Di buon mattino andremo in chiesa e consulteremo il libro dei Vangeli, per sapere quello che il Signore insegnò ai suoi discepoli». E così, «sul far del giorno, si alzarono, presero con sé un altro uomo di nome Pietro, che ugualmente desiderava diventare loro fratello, ed entrarono nella chiesa di San Nicolò, vicino alla piazza… Finita la preghiera, Francesco prese il libro dei Vangeli ancora chiuso, e, inginocchiatosi davanti all’altare, lo aprì. E subito gli cadde sott’occhio il consiglio del Signore: “Se vuoi essere perfetto, va’ e vendi tutti i tuoi beni”, ecc. (Mt 19,21). Francesco, dopo aver letto il passo, ne fu molto felice e rese grazie a Dio. Ma, vero adoratore della Trinità, volle l’appoggio di tre testimoni, per cui aprì il libro una seconda e una terza volta. Nella seconda incontrò la raccomandazione: “Non portate nulla nei vostri viaggi”, ecc. (Lc 9,2); e nella terza: “Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24)».

Francesco, «alla terza conferma che gli fu mostrata, disse a Bernardo e a Pietro: “Fratelli, ecco la vita e la regola nostra e di tutti quelli che vorranno unirsi a noi…”».

Infine un incontro significativo in grado eminente con la croce è stato quello che ha avuto luogo alla Verna, preceduto anch’esso da una triplice apertura dei Vangeli. Il beato Francesco – secondo il racconto del Celanese (1 Cel 91-93:479-483) – «un giorno si ritirò in un luogo di raccoglimento e di silenzio [cioè sulla Verna]… Rimase in quella solitudine per un certo periodo… Ripieno dello Spirito di Dio, era pronto ad affrontare qualsiasi angustia di spirito, qualsiasi tormento nel corpo, a patto che gli fosse concesso quanto bramava: che si compisse in lui totalmente la misericordiosa volontà del Padre celeste. A questo scopo, un giorno si accostò all’altare che era stato eretto in quell’eremitorio e vi depose devotamente il libro dei Vangeli. Poi, prostrato in preghiera non meno col cuore che col corpo, implorava umilmente Dio buono, Padre di misericordia e Dio di ogni consolazione, che si degnasse manifestagli il suo santissimo volere… Terminata la preghiera, si alzò e con spirito di umiltà e contrizione di cuore, fatto il segno della santa croce, prese il libro dall’altare e lo aprì con riverenza e timore. Ora avvenne che all’apertura del libro, la prima cosa sulla quale si posarono i suoi occhi, fu la passione di nostro Signore Gesù Cristo, ma solo nel tratto in cui viene predetta. Per timore che si trattasse di un caso fortuito, chiuse e riaperse il libro una seconda e una terza volta, e risultò sempre un passo uguale o somigliante…». San Bonaventura precisa (LegM 13,2:1224): «Dopo aver pregato devotamente, prese dall’altare il sacro libro dei Vangeli che fece aprire dal suo devoto e santo compagno [frate Leone] nel nome della santa Trinità. Aperto il libro per tre volte, sempre si imbatté nella passione del Signore. Allora l’uomo, pieno di Dio, comprese che, come aveva imitato Cristo nelle azioni della sua vita, così doveva essere a lui conforme nelle sofferenze e nei dolori della Passione».

Vediamo dunque che fin dal colloquio con il Crocifisso di San Damiano, come attestano il da Celano, san Bonaventura e i Tre Compagni, Francesco porta stampate nel cuore le stimmate del Signore, ne è come segnato nell’intimo, perché a questo è destinata la sua vita, a questo è chiamato: a diventare un’immagine vivente di Cristo, a essere perfettamente conforme in vita e in morte a Cristo. Il sigillo delle stimmate nel suo corpo saranno il segno della avvenuta identificazione a Cristo crocifisso, identificazione a cui lo chiama esplicitamente la parola di Dio consultata per tre volte alla Verna.

  1. Da parte sua Francesco ha risposto alla misteriosa chiamata con una speciale, profonda devozione alla croce e al segno Tau, che è pure una rappresentazione della croce.

Egli stesso ricorda nel Testamento: «Il Signore mi dette tanta fede nelle chiese che così semplicemente pregavo e dicevo: “Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero, e ti benediciamo, poiché con la tua santa croce hai redento il mondo”».

Riguardo poi al modo con cui meditava la passione del Signore ci sono tante testimonianze. «Una volta, pochi anni dopo la conversione – ci viene tramandato dalla Leggenda Perugina (37:1585) – mentre andava solitario lungo una via non molto distante dalla chiesa della Porziuncola, piangeva e gemeva ad alta voce. Gli si fece incontro un uomo spirituale, che noi abbiamo conosciuto e che ci narrò questo fatto… Sentendolo piangere ne fu commosso e gli chiese: “Cos’hai, fratello?”. Pensava, infatti, che dolorasse per qualche malattia. E Francesco: “Dovrei andare così per tutto il mondo, piangendo e gemendo la passione del mio Signore, senza rispetto umano”. Quell’uomo, allora, cominciò a piangere forte e a lacrimare con lui».

Infatti il santo meditava spesso come Gesù fosse stato crocifisso per tutti gli uomini e si doleva tanto che l’Amore non fosse conosciuto e amato da tutti («L’amore non è amato!»):

«E talmente si doleva ogni giorno delle sofferenze e amarezze che Cristo soffrì per noi, e tanto se ne affliggeva nell’anima e nel corpo, che non si curava dei propri malanni» (Legper 37:1585).

  1. Inoltre la croce è per Francesco la sorgente più genuina di vera e perfetta letizia. Nella croce egli trova, in modo paradossale ma evidente, l’espressione più eloquente sia del dolore più grande sia dell’Amore più grande («Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici»: Gv 15,13).[1] Orbene, la vera e perfetta gioia può scaturire soltanto dal vero e perfetto Amore.

Per questo motivo Francesco è il santo della gioia nella croce. Basta leggere la conclusione del dialogo con frate Leone, pecorella di Dio, secondo la redazione dei Fioretti, che sviluppano, secondo lo stile proprio di questo libro immortale, un testo precedente più breve (cf. De vera et perfecta laetitia: 278; e anche l’Ammonizione 5:154): «… se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo Amore, o frate Leone, scrivi che qui e in questo è perfetta letizia. E perciò odi la conclusione, o frate Leone: sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri sostenere per lo Amore di Cristo pene, ingiurie e obbrobri e disagi; per il fatto che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare… Ma nella croce della tribolazione e dell’afflizione ci possiamo gloriare, perché [così] dice l’Apostolo: “Io non mi voglio gloriare se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo (cf. 2 Cor 12,5)…”». Nell’Ammonizione V Francesco scrive: «In questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità, e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo».

  1. Non c’è quindi da meravigliarsi che Francesco venga visto e considerato come uomo segnato in modo speciale dalla croce sia dai suoi compagni sia dai biografi e dagli agiografi.

Così lo descrive fra Tommaso da Celano (3 Cel 2:825): «L’uomo nuovo Francesco si rese famoso per un nuovo e stupendo miracolo, quando apparve insignito di un singolare privilegio, mai concesso nei secoli precedenti, quando cioè fu decorato delle sacre stimmate e reso somigliante in questo corpo mortale al corpo del Crocifisso… Tutto lo zelo dell’uomo di Dio, sia verso gli altri che nel segreto della sua vita interiore, era incentrato attorno alla croce del Signore, e, fin dal primo istante in cui cominciò a militare sotto il Crocifisso, diversi misteri della croce risplendettero attorno a lui…».

E san Bonaventura, nel prologo della Legenda maior, lo vede simboleggiato nell’Angelo del sesto sigillo dell’Apocalisse (Ap 7,2), «il quale recava il sigillo del Dio vivente» (ossia la croce); poiché tutta la vita di Francesco aveva come suo punto culminante il mistero delle stimmate e tutto il suo multiforme apostolato si poteva compendiare nel simbolo della croce. Egli infatti ricevette dal cielo la missione di chiamare gli uomini a conversione e penitenza e di imprimere, con il segno della croce, e con un abito penitenziale fatto in forma di croce, il segno Tau sulla fronte di coloro che gemono e piangono e ritornano al Dio vivente (cf. LegM, Prologo 2:1022).

Ciò che i biografi del santo intendevano mettere in rilievo nel sottolineare la stretta rispondenza, la conformità della vita di Francesco con quella di Gesù era il fatto che in lui e per merito suo il Vangelo e la croce erano restituiti al popolo di Dio quale via maestra della salvezza. La parola e gli esempi del Figlio di Dio fatto uomo e dei suoi apostoli venivano di nuovo proclamati al mondo nel loro vigore originale e in modo accessibile a tutti: ne è prova il rifiorire della vita evangelica tra il popolo cristiano. «Simile a un fiume del paradiso, il nuovo evangelista di questo ultimo tempo ha diffuso con amorosa cura le acque del Vangelo per il mondo intero, e con le sue opere ha additato la via e la vera dottrina del Figlio di Dio. Così in lui e per suo merito il mondo ritrovò una nuova giovinezza… Gli eletti furono riempiti di uno spirito nuovo… quando questo santo servo di Cristo… ha irradiato la luce della sua originale forma di vita e dei suoi prodigi» (1 Cel 89:475). I fedeli ora potevano nuovamente contemplare, avere davanti agli occhi un’immagine autentica di Cristo crocifisso, specchio di perfezione per eccellenza.

Questa, in conclusione, è la missione di Francesco e dei suoi seguaci nella Chiesa: conformando la propria vita a quella di Gesù e vivendo intensamente il mistero della croce, essere fonte di rinnovamento per la Chiesa. È emblematico l’episodio, narrato dai Fioretti, della predica agli uccelli, che Francesco congeda tracciando una croce, ed essi si disperdono lungo i quattro bracci per tutto il mondo (Fior:1846).

Questo rinnovamento della vita della Chiesa e dei fedeli che va ascritto al movimento suscitato dal Poverello di Assisi è testimoniato anche dall’elogio dei meriti dei frati con cui si apre l’atto di donazione dell’isola di San Francesco del Deserto da parte di Iacopo Michiel, datato 1233: «Poiché a sostegno di tutta la religione cattolica di recente è sorto nella Chiesa l’ordine dei Frati Minori, per l’esempio, la parola e l’opera dei quali sono spronate ai frutti della penitenza moltissime persone che hanno scelto la vita apostolica, abbandonando tutte le cose che possedevano sulla terra, e seguono solo Cristo Crocifisso, crocifiggendo la propria carne con i vizi e le concupiscenze…».

 

San Francesco del Deserto (isola) – Venezia, 9/5/2024.

padre Franco Valente OFM

 

[1]Alla Verna, all’alba del 14 settembre, festa dell’esaltazione del Croce, del 1224, Francesco prega così: «O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti chiedo che mi faccia prima che io muoia: la prima è di sentire nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nell’ora della tua acerbissima Passione; la seconda di sentire nel cuore mio, quant’è possibile, quello straordinario amore del quale tu, Figliuolo di Dio, eri acceso tanto da sostenere volentieri una così grande Passione per noi peccatori» (Fior:1919). «San Francesco chiedeva di amare e di patire come il suo Signore… E così ardentemente lo desiderò… che il Signore gli partecipò, come amico ad amico, tutto il suo amore e tutto il suo dolore: lo crocifisse com’era stato Lui crocifisso. Dalla profondità del cielo abbagliante, San Francesco vide venire un Serafino con sei ali di fiamma… E in quell’uccello divino lampeggiava Cristo. Mentre il Santo contemplava la straordinaria apparizione, diviso tra la felicità di guardare il Signore e il dolore di vederlo crocifisso, un mirabile ardore divorò l’anima sua ed investì il suo corpo…, mentre una voce gli diceva: “Sai tu quello che io ti ho fatto? Io ti ho donato le Stimmate che sono i segnali della mia Passione, acciò che tu sia mio gonfaloniere” (Fior:1920)» (da San Francesco di Maria Sticco).

 

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